Rose Valland e i 350 valorosi Monuments Men

La piaga nazista non cercò soltanto di cancellare etnie, di imporre una razza sulle altre, di sottomettere e depredare le popolazioni che conquistava, ma volle andare ancor più oltre, annientando la storia e la cultura dei paesi invasi, razziando in modo sistematico dipinti, sculture, testi antichi e altri capolavori.

I furti perpetrati dall’esercito nazista, per conto del  Führer e dei suoi gerarchi, furono di proporzioni inimmaginabili; per tutta l’Europa, sconquassata dalla Seconda Guerra Mondiale, migliaia di opere d’arte furono stipate dai nazisti persino nelle miniere di sale o di rame, nascoste così alle truppe alleate e ai reparti speciali composti dai Monuments men, uomini e donne esperti di arte che a seguito dei militari regolari si occupavano di ricercare e preservare il patrimonio artistico vittima dalla guerra.

Alla fine del 1943 americani ed inglesi si accordarono per la costituzione della Mfaa (Monuments, Fine Arts and Archives), di cui facevano parte i Monuments men, una sorta di simbolica rifusione per l’assurdo bombardamento alleato dell’agosto 1943 sul Nord Italia, che rischiò di mandare il frantumi il Cenacolo di Leonardo da Vinci.

Nel giugno del 1944, dopo essere sbarcati in Normandia insieme con le altre truppe, i Monuments Men raggiunsero chiese, castelli, conventi e palazzi storici, apponendovi il famoso cartello, rivolto ai colleghi impegnati nelle operazioni militari: “Off limits. A tutto il personale militare: Edificio storico!”. Quindi consultarono parroci, autorità civili, direttori e funzionari di musei per avere notizie sulla sorte di singole opere di pregio e di intere collezioni, scomparse in concomitanza con l’arrivo degli eserciti hitleriani, prima, e con la ritirata di questi ultimi, poi.

Tra le tante storie nella Storia, quella dei Monuments Men è stata davvero rocambolesca e tra loro, quella di Rose Valland ancor di più. Spia per amore dell’arte, Rose fu un’eroina della Resistenza francese, assistente presso la Galleria nazionale Jeu de Paume di Parigi durante la Seconda Guerra Mondiale, fu lei a documentare in 900 volumi i saccheggi nazisti, a rischio della propria incolumità. Grazie alla sua attività, delle 100.000  opere trafugate i Francia e non solo e spedite in Germania, riuscì a recuperarne 60.000 e, malgrado ciò, fu accusata, dopo la liberazione della capitale francese dai tedeschi, di collaborazionismo con gli invasori. Prosciolta dalle accuse, nel 1946 ricevette il grado di cavaliere dell’ordine nazionale della “Legion d’honneur” e la medaglia della Resistenza francese; fu testimone al processo di Norimberga e, nel 1948, il generale americano Tate la decorò con la “Medal of Freedom” per avere meritevolmente aiutato gli Stati Uniti nella guerra contro il nemico. Fu Rose a scoprire, rischiando la vita, che una grande quantità di opere d’arte era stata ammassata dai nazisti nel castello bavarese di  Neuschwanstein (quello che ispirò Disney per la Bella Addormentata, per intenderci), lì fu ritrovata anche la Dama con ermellino di Leonardo da Vinci, appartenente alla collezione Czartoryski, tra le più ricche ed importanti d’Europa. Eppure, la vita di Rose Valland è caduta nell’oblio, a ricordarla soltanto una lapide commemorativa sulla facciata  del Jeu de Paume e una retrospettiva della reporter americana Janet Flanner che, il 1 marzo del 1947 dalla prima pagina del New Yorker la descrisse “femme de tête”. E, a 70 anni da quell’articolo, Rose Valland riemerge dalle nebbie torbide della Seconda Guerra Mondiale ancora come esempio di Resistenza.

Rossella Marchese