2017: che anno sarà?

L’anno appena passato ci ha lasciato un’eredità pesante, sia in termini di situazione economica e lavorativa, sia soprattutto sotto l’aspetto di fiducia e aspettative per il futuro. Infatti, da troppo tempo ormai, stiamo vivendo in una situazione di precarietà e incertezza, in tutte le realtà sociali ed economiche del nostro Paese. Una sfiducia generalizzata che blocca ogni iniziativa: di investimento, di innovazione, di pianificazione, di scommessa sul futuro. Una crisi delle motivazioni, solo in parte indotta da fattori esterni.

Prende sempre più piede il fatalismo, la rassegnazione e l’apatia. Tutti elementi che concorrono ad alimentare il declino di una nazione, di una comunità; declino economico e morale, lo si percepisce anche nelle quotidiane cronache giornalistiche.

Ma bisogna interrompere tale deriva, invertire questa tendenza; è nostro dovere reagire a tutta questa negatività, con i mezzi e gli strumenti a nostra disposizione. E’ una lotta per la sopravvivenza, non di un modello economico o di un impianto istituzionale, ma bensì di una comunità di persone, di una civiltà, di un insieme di valori come la solidarietà, lo spirito di iniziativa, il coraggio e la determinazione.

Qualità che sono senz’altro presenti in un sindacato serio, espressione e strumento di quelle persone, i lavoratori, che hanno bisogno di tutela e supporto, essendo le parti più deboli nel confronto con le controparti aziendali e istituzionali.

Chi scrive ritiene che Unisin abbia tutte le caratteristiche e le doti necessarie a questa ennesima lotta a difesa dell’occupazione, della giusta retribuzione e della dignità dei prestatori d’opera, operando per il bene comune con perseveranza e competenza.

Focalizzando l’attenzione sui problemi del settore finanziario in Italia, problemi causati soprattutto da una pluriennale cattiva gestione in molte di quelle banche oggi a rischio default, tutti i grandi gruppi hanno varato o stanno varando piani industriali che prevedono un forte ridimensionamento delle forze lavoro e delle filiali. Ma non si vogliono qui elencare nei dettagli le cifre degli esuberi annunciati nell’ultimo anno, le nostre delegazioni trattanti sanno bene l’entità dei numeri in ballo, conoscono bene il terreno infido su cui dovranno muoversi, i vincoli imposti dalla legge e i reali margini di trattativa, spiragli da cui trarre ogni vantaggio a favore e a tutela dei lavoratori, perché prima del lavoro vengono le persone con la loro dignità.

Chi scrive desidera invece rimarcare l’assenza di vere strategie di largo respiro, l’eccessiva timidezza nell’affrontare i veri nodi, nel rimuovere i veri ostacoli allo sviluppo dell’economia ed al rilancio dei ricavi.

Si privilegiano interventi radicali di riduzione su dipendenti e sportelli bancari, invece di valorizzare il bene più importante per una banca: la fiducia.

L’automazione e la digitalizzazione sempre più spinte, possono superare o almeno eguagliare l’empatia di una persona che conosce i problemi e le esigenze del cliente e sa proporgli soluzioni finanziarie adeguate, ovvero il consulente bancario? Ad avviso di chi scrive no.

Si parla spesso di introdurre un modo nuovo di fare banca, ma invece le banche dovrebbero ritornare a essere il riferimento, anche fisico, per i risparmiatori; dovrebbero essere vicine ai clienti e puntare sulla qualità dei servizi, piuttosto che alla quantità; sulla solidità, piuttosto che sul virtuale. Nella dicotomia intelligenza emotiva vs. intelligenza artificiale, bisogna scegliere la prima.

Certo, nell’attuale era digitale riesce difficile andare controcorrente, ma se si vuole davvero connotarsi di segni distintivi nel mare della concorrenza finanziaria, allora bisogna avere il coraggio di puntare sull’elemento più affidabile nella storia dell’evoluzione: l’uomo!

Roberto Benedetti