Anche il bancario canta bella ciao

In una intervista dal titolo “anche il bancario canta bella ciao”redatta da Savino Balzano e pubblicata  sul quotidiano on line,   “l’intellettuale dissidente” il segretario generale di Unisin, Emilio Contrasto, affronta l’attualità dei problemi che i lavoratori bancari devono quotidianamente affrontare, stretti tra la morsa delle aziende, che spingono verso risultati sempre più performanti, e una clientela sempre più attenta ed esigente.

Di seguito proponiamo le fasi introduttive dell’intervista.

La sua Organizzazione conta più di ventimila iscritti. Si presume lei abbia una certa contezza su chi sia il bancario oggi in Italia. Ce lo descriva: è un privilegiato? È vero che nella categoria siano in molti a far uso di psicofarmaci come si legge sui giornali?

In quanto Segretario Responsabile di una Federazione di bancari, il personaggio di riferimento è appunto il bancario. Oggi non è assolutamente una figura privilegiata, anzi. Accade esattamente il contrario.

A fronte di una perdita di potere d’acquisto degli stipendi (dei soli bancari e non dei banchieri, questi ultimi al contrario sono decisamente lievitati), che nel corso degli anni si è resa sempre più evidente e che continua a proseguire nel tempo, oggi abbiamo una figura professionale estremamente controllata e repressa: da un lato ogni prospettiva di carriera e di crescita si è assottigliata perché ormai le banche sono sempre più delle “strutture di massa” e salvo rare eccezioni non lasciano spazio ai lavoratori di poter esprimere al meglio le proprie capacità e professionalità; dall’altra parte si è creato un clima nel quale il bancario è fortemente controllato ed è costretto a scontrarsi sia con i propri superiori, che pretendono risultati sempre più performanti, che con la clientela che, nonostante lo veda come una figura sempre meno professionale anche alla luce di quanto accaduto negli ultimi anni e negli ultimi mesi, gli chiede sempre più consulenza, velocità e supporto. È divenuta una professione estremamente complicata.

In effetti un tempo il posto in banca era il principe dei posti fissi. È ancora così? Come mai la categoria è tutto sommato in costante fermento? I bancari sono estremamente sindacalizzati (oltre il 75% risultano aderenti ad un Sindacato) e negli ultimi scioperi proclamati in occasione del rinnovo contrattuale la partecipazione era ben oltre il 90%. Avete paura di perdere i vostri privilegi o lottate per la conservazione di importanti diritti?

 Oggi i privilegi non esistono, non ci sono più: sono retaggi di un mondo che è lontano ormai anni luce. Io stesso sono in banca da un po’ di anni e di questi privilegi non ne ho mai vista nemmeno l’ombra. Il nostro è un lavoro come tutti gli altri e il livello retributivo è perfettamente allineato a quello delle altre professioni e degli altri mestieri. Noi lottiamo per preservare importanti diritti perché è posto in essere da parte dell’ABI un tentativo di depotenziamento del contratto nazionale. Relativamente all’ultimo rinnovo del 2015 la vera lotta si è articolata su due grandi pilastri: da un lato impedire la destrutturazione del contratto stesso, a vantaggio di una contrattazione di secondo livello che avrebbe favorito le banche più forti e penalizzato i lavoratori più deboli e meno sindacalizzati; dall’altro la salvaguardia dell’area contrattuale, dal momento che il livello di professionalità richiesto al bancario (per tutta una serie di ragioni, in particolare per le grandi responsabilità legate oggi a questo mestiere) non può essere paragonato a quello di altre categorie o professioni. Ecco perché i colleghi, comprendendo il rischio che in quella fase si registrava, hanno reagito con un’adesione allo sciopero come quella che lei ricordava. Comprendiamo che il mondo cambi e siamo disposti a ragionare sull’integrazione di nuovi profili nel contratto dei bancari. Siamo disposti ad ampliare, non a distruggere o in qualche modo “limitare”.

leggi l’intervista integrale sul sito dell’intellettuale dissidente