Meno male che c’è la Cassazione….

La sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione del 2 luglio 2018, n. 29613 ha affermato il principio che la consapevolezza di agire nel rispetto delle tradizioni e della prassi del proprio Paese d’origine non sempre salva dalla sanzione penale.

Il caso: alcuni soggetti venivano tratti in giudizio poiché in violazione degli articoli 609 bis e 609 ter cod. pen., in più occasioni, abusando delle qualità di genitori, costringevano il figlio minore, con violenza, ad abbassarsi i pantaloni e a compiere e subire atti sessuali. I giudici di merito, per affermare l’innocenza degli imputati, svilupparono una interpretazione culturalmente orientata dei fatti, riconoscendo rilievo alla cultura di appartenenza degli stessi, nella quale le condotte sarebbero state prive di disvalore e dunque consentite o tollerate. Secondo giurisprudenza costante occorre sempre promuovere un approccio esegetico che abbia in considerazione il mutamento del costume e del sentire sociale in continuo divenire, di modo che le decisioni si mostrino come il prodotto di una interpretazione contestualizzata in relazione al momento storico, più che una ripetizione di concetti ritenuti scontati ed immutevoli. Tuttavia, nessun sistema penale può mai abdicare, in ragione del rispetto delle tradizioni culturali, religiose o sociali del cittadino o dello straniero, alla punizione di fatti che colpiscano o mettano in pericolo beni di maggiore rilevanza che costituiscono uno sbarramento invalicabile contro l’introduzione di diritto o di fatto, nella società civile, di consuetudini, prassi, costumi che tali diritti inviolabili della persona, cittadino o straniero, pongano in pericolo o danneggino.

Nel caso di specie, la dichiarata ignoranza da parte degli imputati e della loro famiglia, circa l’offensività della condotta posta in essere ai danni del figlio minore, così come l’ignoranza sull’esistenza della norma penale incriminatrice di essa, non appare idonea – secondo gli Emellini – ad integrare una causa di non colpevolezza degli imputati stessi che oltre a risultare ben integrati da anni nel tessuto sociale allegano a propria discolpa una ignoranza che non assumerebbe rilevanza anche nel Paese d’origine, ove i medesimi fatti risultano sanzionati penalmente.

Maria Grazia Palmarini