La banca smart 2.0, una nave senza equipaggio

banca smart 2.0
La banca smart 2.0, una nave senza equipaggio

Alla fine, non più tanto lentamente, partendo da un computer malconcio e passando per una macchina del cassiere, un bancomat evoluto, una cassa self assistita, attraverso un internet banking, siamo giunti all’alba di un nuovo giorno. A Torino, Intesa San Paolo sperimenta il robot per assistere il cliente.

La banca-assicurazione smart 2.0, investendo un fiume di risorse, si prepara a sostituire definitivamente l’essere umano. A beneficio di chi? Non è la solita polemica sterile e campanilistica. Non è la battaglia del sindacalista che, ad ogni costo, deve difendere il posto di lavoro. È una questione di civiltà sociale. Perché oggi è diventato così urgente sostituire tutte le relazioni umane con prodotti/derivati dell’intelligenza artificiale? Per rendere più efficienti e vantaggiose le relazioni del cliente con l’istituto? Non è più credibile una affermazione del genere. Tutto si risolve essenzialmente nella solita, banale e ossessiva riduzione dei costi. Ecco chi ne beneficia realmente: il Dio dei Ricavi. Si tratta di una vera e propria rivoluzione, che avrebbe dovuto svincolare dalle imposizioni burocratiche, spesso lontane dalla logica, rendendo più snelli i rapporti tra clienti e banche, agevolando pertanto l’economia e la crescita. Nell’applicazione pratica, però, questa rivoluzione ha portato all’impoverimento dei territori e del tessuto sociale, basti pensare alle filiali o centri direzionali, dove, neanche più di un ventennio indietro, a prestare servizio c’erano centinaia di dipendenti ed oggi sono ridotte ad organici estremamente risicati. Quindi, se per definizione il termine rivoluzione richiama, nel suo significato più ampio, una ribellione contro un sistema oppressivo, in realtà, come sempre, è necessario richiamare l’etimologia della parola stessa, ovvero revolutioonis, «rivolgimento, ritorno». Infatti nel modello intermedio contemporaneo che conosciamo, frutto di secoli di interventi volti a tutelare l’utente finale, il rapporto tra banchiere e cliente era mediato dal bancario. A partire da domani l’intermediario sarà una macchina, che, in autonomia, settati i parametri desiderati, applicherà un processo logico tutto orientato a favore del proprietario della tecnologia (la banca). A chi attribuire, comunque, questo grandioso successo? Un sentito ringraziamento deve essere rivolto ai grandi e piccoli manager, figli delle grandi Università private, che, non smetterò mai di sottolineare, realmente in una filiale, a contatto con il pubblico, non ci sono mai entrati. Perché è ormai noto che un dipendente equivale ad un onere, come se ad incidere sul costo di un bonifico per la banca sia l’operatore che lo esegue, perché percepisce circa 12 € lordi l’ora (compreso il rischio dell’operazione). Il costo non è da cercare nel consorzio/società che gestisce, in senso quasi monopolistico, le infrastrutture che consentono lo scambio di denaro tra banche. Un mondo dove effettivamente non c’è concorrenza. Inoltre, nel confronto del lavoratore con le macchine, il povero lavoratore non ha scampo. Un robot non avrà mai un raffreddore, un giorno di ferie o di congedo parentale, non potrà restare incinta, né diventare nonno, non rivendicherà diritti, né pretenderà aumenti salariali, ma, soprattutto, non opporrà rifiuti secondo coscienza. Mi dispiace, però, dover informare tutti gli Yes-man del settore del fatto che anche loro saranno sostituiti con gli Yes-bot. Nella mia esperienza personale, il freddo ragionamento di uno strumento tecnologico, tuttavia, non potrà mai sostituire la logica umana, in grado di valutare un’operazione a 360 gradi, sotto una pluralità di aspetti e fattori che non rientrano e non possono rientrare in un processo scientifico. Un robot non potrà mai valutare un’operazione come opportuna o non opportuna, una macchina può solo rispondere ad una logica di vero o falso. Chi ha vissuto, anche solo per un breve periodo, la filiale, non può negare questa verità. Per tale motivo, l’imposizione quasi compulsiva della banca multicanale non può e non dovrebbe essere la soluzione alternativa all’attuale modello, la tecnologia deve essere considerata uno strumento di ausilio per l’essere umano e non il sostituto. Il fattore umano, per quanto in alcune situazioni e ambienti definiti si è rivelato deleterio, nella maggior parte dei casi è stato determinante al fine di evitare vere e proprie catastrofi. In questa nuova era di progresso scellerato, ci sono delle persone, i cosiddetti hacker, che manipolano a proprio piacimento i sistemi informatici, trovando ogni volta nuove falle nei sistemi. Qualche attacco è stato portato a conoscenza del pubblico nazionale, attraverso articoli di stampa, qualche altro è tenuto segreto gelosamente nella “stanza dei bottoni”, dove si è stabilito che è da ritenersi più redditivo rimborsare il maltolto ai clienti derubati, piuttosto che impostare il proprio modello di business su canali tradizionali. Però, ad onore di verità, dobbiamo ammettere tutti le nostre colpe. Spesso, se non sempre, abbiamo abbassato il capo e abbracciato tutte queste tecnologie, sia perché la vita ci è stata semplificata e ci è stato reso il lavoro meno difficoltoso, sia perché non abbiamo trovato il coraggio, dentro noi stessi, di ribellarci. Qualcuno ha badato di più alla carriera, qualcun altro ha mirato al premio incentivante, accettando il compromesso senza pensare però alle conseguenze. La banca smart 2.0 assomiglia sempre di più ad una nave senza equipaggio.

Roberto Parentela