Emilio Contrasto: ogni età della vita necessita di tutele adeguate

Emilio Contrasto
Emilio Contrasto - Segretario Generale Unisin

Vivere a lungo, in soddisfacenti condizioni di salute e dignitosamente è un’aspirazione di ogni essere umano.

Di recente, il Congresso nazionale della Società di gerontologia e geriatria (Sigg) ha proposto di innalzare la soglia di età per definire anziana una persona. Nel corso dei decenni, a partire dal secolo scorso, infatti, l’aspettativa di vita della popolazione di molti Paesi con sviluppo avanzato è cresciuta notevolmente.

Appena ieri si è celebrata la festa dei nonni – che una volta erano gli anziani per eccellenza – data fissata per il nostro Paese con la legge n. 159 del 31 luglio 2005.

L’invecchiamento della popolazione, con l’incremento del numero di persone che vivono la Terza e la Quarta età, rappresenta un tema di fondamentale importanza per la società; tema che deve essere centrale nelle politiche del Paese, a partire da quelle del welfare ma che deve abbracciare a 360 gradi ogni azione introdotta a livello governativo sia centrale che locale.

Con il Segretario Generale di UNISIN/CONFSAL, Emilio Contrasto, vogliamo ricordare quanto sia importante pensare e lavorare per assicurare e garantire, nel tempo, le migliori tutele per questa fascia di popolazione e quanto necessario sia anche potenziare le previsioni esistenti.

Segretario recenti studi e proposte propendono per un diverso calcolo dell’età per definire una persona anziana, alzandola da 65 a 75 anni…

Sì, gli esperti suggeriscono a più voci di modificare in salita, almeno per quanto concerne i Paesi più sviluppati economicamente e socialmente, l’asticella relativa alla definizione di anzianità di una persona. La società è molto mutata nel corso dell’ultimo secolo e continua a cambiare ancor più velocemente in quello che stiamo vivendo, portando anche ad un cambiamento potenzialmente in meglio delle condizioni psico-fisiche e delle aspettative di vita degli individui.

Le cito ad esempio una ricerca dell’Università svedese di Goteborg che ha messo in evidenza che i settantenni di oggi riescono a raggiungere livelli di performance superiori ai loro coetanei di trent’anni fa ottenendo nei test cognitivi e di intelligenza risultati migliori rispetto al passato. Questo è dovuto ad un maggior livello di istruzione, al fatto che sono più attivi e hanno più cura per il proprio fisico e per la propria salute.

È emerso che oggi un sessantacinquenne, mediamente, ha, infatti, una forma fisica e cognitiva che può avvicinarsi a quella di una persona di 40-45 anni rispetto ad un coetaneo di una trentina di anni fa e quelle di un settantacinquenne si avvicinano molto a quelle di una persona che nel 1980 ne aveva cinquantacinque.

Una riflessione. Spesso, pur essendo ancora giovani, ci si sente anziani lasciando il lavoro…

Può succedere, forse accadeva di più nel passato. Oggi le persone hanno una maggiore propensione a organizzare la loro vita fuori del lavoro già quando sono in età lavorativa e molti attendono di poter impegnare anche quelle ore di tempo che normalmente sono escluse perché impegnate nel lavoro o nella professione.

Si tratta, in sostanza, di voler scegliere di destinare il proprio tempo ad attività di proprio gradimento senza, magari, continuare ad essere necessariamente legati ad impegni lavorativi e/o professionali.

Esiste poi anche l’esigenza di dare spazio alle nuove generazioni che si affacciano al mondo del lavoro. Ovviamente, deve essere salvaguardata, anche dopo l’uscita dal mondo del lavoro delle persone, la capacità di reddito. Andare in pensione non può rappresentare un vulnus rispetto al livello di vita condotto durante l’attività lavorativa.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) prevede un incremento della popolazione anziana…

Tenendo presente che l’OMS fissa ancora a 65 anni – e in alcuni Paesi a 60 – l’età per definire una persona anziana, la stessa Organizzazione propone una stima – che merita particolare attenzione per le implicazioni – che prevede che entro il 2050 sarà over-60 una persona su cinque nel mondo e di conseguenza l’aumento della popolazione anziana diventa, come ha affermato il vice direttore generale OMS per la Salute della famiglia, donne e bambini, Flavia Bustreo,“una delle principali sfide globali del futuro”. Peraltro, il nostro Paese, grazie anche ad un sistema sanitario considerato tra i più evoluti e lo stile di vita basato sulla dieta Mediterranea, risulta essere il Paese più “vecchio”, dal punto di vista della età della popolazione, dopo il Giappone.

L’ha citata e quindi ora passiamo all’Italia. Il Rapporto annuale Istat ci fornisce una fotografia del nostro Paese che mostra la previsione sull’invecchiamento della popolazione nei prossimi anni.

Secondo i dati del Rapporto annuale presentato nel 2022 il nostro Paese continua ad invecchiare.

Evidenzio solo alcuni dati significativi: al 1° gennaio 2022 l’indice di vecchiaia – rapporto percentuale tra anziani di 65 anni e più e giovani di età inferiore a 15 anni – è risultato pari a 187,9%. In vent’anni è aumentato di oltre 56 punti.

L’Istat fornisce anche la previsione che nei prossimi decenni l’invecchiamento della popolazione continuerà, con un indice previsto a quota 293 al 1° gennaio 2042, tenendo anche conto degli effetti della pandemia Covid-19 sulla popolazione.

Questo comporta anche un ripensamento del sistema del welfare e di quello pensionistico?

Per rendere sostenibile spesa e tutele, abbiamo già visto che nel corso degli anni le politiche pensionistiche e di welfare nei Paesi UE e nel nostro si sono sostanzialmente modificate. È necessaria, sia pure fra mille complessità, l’esigenza di contemperare i bisogni delle persone con le risorse economiche disponibili, sempre troppo scarse, non sempre riuscendo a realizzare un vero e proprio equilibrio nei sistemi di tutela sociale e pensionistica.

In ogni caso, non si può pensare di prolungare in eterno l’età pensionabile, mantenendo in servizio le lavoratrici e i lavoratori che, come detto, desiderano destinare il proprio tempo ad attività diverse. Occorre invertire strutturalmente tale impostazione “diabolica”. È, infatti, altresì necessario dare opportunità alle giovani generazioni che si affacciano al mondo del lavoro e che devono poter avviare il loro percorso contributivo che oggi necessità di anni di lavoro per conseguire un’adeguata copertura pensionistica.

È necessario, quindi, rivedere al più presto le norme vigenti nel nostro Paese al fine di consentire alle Persone di poter operare le proprie scelte senza limitazioni o pregiudizi economici e/o normativi.

La precarizzazione del lavoro potrà generare disuguaglianze in futuro?

Certo, la precarizzazione selvaggia del mondo del lavoro porterà, anche per le ragioni proprio ora ricordate, se non ci saranno adeguati interventi, i nostri giovani a vivere una vecchiaia certamente con maggiori complessità, dal punto di vista soprattutto economico, rispetto alle generazioni precedenti.

UNISIN/CONFSAL ha sempre portato avanti la battaglia contro il precariato in generale e in particolare nei settori del credito e della riscossione, che sono quelli in cui opera, evitando, insieme alle altre Organizzazioni Sindacali, in sede di contrattazione collettiva e di secondo livello, che potessero essere poste in atto norme volte a trasformare il lavoro stabile in lavoro precario o sottopagato.

Per tornare ad uno dei temi centrali della nostra intervista, quello delle tutele, Segretario come ha approcciato il settore del credito il tema?

Abbiamo sempre fatto attenzione come Organizzazioni Sindacali a prevedere tutele per tutte le fasce d’età della vita delle lavoratrici e dei lavoratori.

Faccio una premessa. Il nostro settore ha affrontato e sta ancora affrontando una lunga stagione di trasformazione e di fusioni che ha portato con sé l’esodo di migliaia di lavoratrici e lavoratori che hanno potuto usufruire del “paracadute” fornito dal “Fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale e il sostegno dell’occupazione e del reddito del personale del credito”, importante strumento che ad oggi ha garantito tutela a migliaia di dipendenti che, esclusivamente su base volontaria, hanno scelto di aderire a tale strumento.

Come Organizzazioni Sindacali ci siamo anche impegnate e ci impegniamo continuamente per fare in modo che siano garantite a chi è uscito o uscirà nei prossimi mesi o anni alcune delle principali previsioni e agevolazioni in vigore per il personale in servizio.

Ci fa qualche esempio?

Certo. Siamo riusciti a garantire il mantenimento di alcune previsioni contrattuali di primo e secondo livello importanti anche per le lavoratrici e i lavoratori che hanno lasciato anticipatamente la propria azienda per essere accompagnati alla pensione, attraverso il fondo di settore e per gli stessi pensionati, seppure per questi ultimi con qualche modifica. Prima fra tutte la LTC (Long Term Care) o “Assistenza Sanitaria di Lungo Termine” in grado di supportare le persone qualora insorgano eventi imprevisti ed invalidanti dell’individuo che determinano uno stato di non autosufficienza. Pensiamo poi alle tutele fornite a esodati e pensionati (per questi ultimi sempre con alcune differenze) dai vari fondi sanitari presenti nel settore, alle agevolazioni su mutui e conti correnti bancari, ai CRAL aziendali, ai fondi di previdenza, eccetera.

E UNISIN/CONFSAL?

Come UNISIN/CONFSAL, grazie alla presenza capillare dei nostri Dirigenti sindacali, forniamo a tutti coloro che si trovano in esodo o in pensione, senza distinzioni, gli stessi servizi previsti per le Colleghe e i Colleghi in attività lavorativa come ad esempio consulenza, assistenza fiscale, servizi di patronato, convenzioni nazionali e territoriali e tanto altro ancora oltre, ovviamente, alla tutela sindacale per eventuali necessità che dovessero presentarsi anche dopo l’uscita dal servizio attivo.

Cosa auspica per il futuro?

Fare previsioni per il futuro oggi è davvero difficile. Ci troviamo a vivere un momento molto complesso che si trova a dover affrontare, dopo le già gravi crisi finanziarie, la pandemia, la guerra ai confini dell’Europa, anche la grave crisi energetica che con bollette da importi, mi consenta di dirlo, da brivido se non da infarto, sta mettendo in ginocchio l’economia di molte famiglie, di piccole e medie imprese, professionisti, Terzo settore, ma anche delle big company.

Obiettivo essenziale deve sempre essere quello di salvaguardare il potere di acquisto delle persone, indipendentemente dal fatto che si sia in servizio attivo piuttosto che in pensione.

Il nostro auspicio come Organizzazione Sindacale – e noi ci impegniamo a dare il nostro contributo propositivo e di supporto, come è nostra tradizione, sia a livello di settore sia a livello di CONFSAL – è che vengano sempre più attentamente realizzate politiche di sostegno e supporto anche con il coinvolgimento del sistema bancario a quanti oggi sono in difficoltà.

Nel lungo periodo va pensato un sistema di welfare e di tutela economico-sanitaria più forte in considerazione delle previsioni relative al forte invecchiamento della nostra popolazione.

Va anche, a mio avviso, avviato un programma in grado di valorizzare l’apporto che questa fascia di popolazione, considerando il ruolo importante che gli anziani svolgono e possono ancora svolgere nella società, per le considerazioni che abbiamo prima evidenziato, a supporto ad esempio del volontariato, o come tutor dei giovani, e in altre attività in cui risulti possibile un loro coinvolgimento sempre in funzione, ovviamente, dei desideri delle persone coinvolte.

Bianca Desideri

Direttore Responsabile Professione Bancario