Il mondo delle erbe: il carciofo

Il carciofo – Cynara Scolymus L. – appartiene alla famiglia delle asteraceae composite. È comunemente chiamato anche articioch (Piemonte), carciofen (Emilia), mazza ferrata (Foscana), scarciofera (Abruzzo), carcioffola (Campania), carcioffulara (Calabria), carduna (Sicilia), cardu de ortu (Sardegna). È una pianta erbacea con un robusto rizoma cilindrico da cui sorgono Ie foglie basali e i fusti semplici ramificati, alti fino a un metro. Le foglie basali sono molto grandi (fino a 70 cm. di lunghezza), verdi e poco pelose sopra, bianche nella parte inferiore con i lobi talvolta terminanti con una spina.

L’infiorescenza è semplice: i fiori, di colore azzurro, sono riuniti in capolini molto grandi circondati da numerose squame. I capolini con i fiori non ancora aperti sono i carciofi comunemente usati in culinaria. Il frutto è di forma ovale, bislungo, glabro, avvolto da setole piumose. Il carciofo non esiste allo stato spontaneo.

La sua coltivazione si effettua moltiplicandolo o per polloni (getti che nascono dalla base della pianta) o per talea di un tratto di fusto provvisto di gemme. Per avere i primi raccolti in primavera si piantano i polloni in ottobre, proteggendo le piante dai freddi invernali; nei climi più miti la piantagione, effettuata in luglio, comincia la produzione nel mese di ottobre. Il carciofo è ampiamente coltivato in tutta l’Italia, in modo speciale nelle regioni del Sud per la produzione di capolini commestibili.

Per uso medicinale si utilizzano della pianta le foglie, rizoma e le radici. Le foglie si raccolgono in aprile-maggio, prima della fioritura, recidendole alla base. Il rizoma con le relative radici carnose, si raccoglie in luglio-agosto; si scava con la vanga e si lava per togliere la terra. Le foglie si essiccano all’ombra in strato sottile, le radici e i rizomi si essiccano al sole; le foglie si conservano in sacchi di carta o tela; le radici e i rizomi in recipienti di vetro.

Il carciofo deriva dal cardo selvatico, dal quale è stato ottenuto mediante pazienti selezioni e incroci. Non si conosce il momento esatto quando il cardo si è trasformato in carciofo. C’è chi sostiene che il carciofo compaia già nelle rappresentazioni dei doni funebri degli antichi Egizi. Di certo se ne ha una descrizione accurata nel l sec. d.C., ad opera dello storico romano Plinio. Secondo una credenza dell’antica Roma, sognare carciofi era segno di sventura in quanto ritenuto un cibo povero e privo di nutrimento; erano infatti simbolo di dolore e di disgrazia.

Sembra che, in epoca medioevale, si fosse quasi completamente persa la conoscenza di questa pianta. La sua ricomparsa pare sia avvenuta soltanto nella seconda metà del Cinquecento, ad opera di abili giardinieri

Quando dal XVI secolo in poi il carciofo fu reintrodotto nelle mense, ci si accorse immediatamente delle sue caratteristiche terapeutiche, in particolare nei casi di malattie epatiche.

Nel XVI secolo, il carciofo approdò alla mensa di Caterina de’ Medici. Le cronache di quell’epoca ci riferiscono come Caterina de’ Medici fosse estremamente golosa di carciofi, tanto che nel 1575, in occasione di un pranzo di nozze, rischiò addirittura di morire di indigestione per averne mangiati troppi. Allora il carciofo era ritenuto una verdura di lusso che pochi avevano il piacere di gustare.

Al carciofo venne attribuita una forte proprietà eccitante e afrodisiaca che si è però rivelata frutto di superstizione. Le sue proprietà farmacologiche sono state invece confermate dai più recenti studi scientifici: esso è infatti ricco di sali minerali e vitamine. Nel 1954 è stata isolata la cinarina, sostanza attiva che si trova soprattutto nelle foglie e nel gambo.

ll carciofo ha proprietà diuretiche, depurative, ipo-colesterolemizzanti, coleretiche, protettrici del fegato, digestive e amaricanti. I suoi principi attivi sono: cinarina, glucosidi, tannini e inulina. Pertanto il domestico ortaggio rivela insospettate virtù efficaci contro numerosi disturbi, in particolare dell’apparato digerente.

A chi accusa fastidi ricollegabili a disfunzioni del fegato (quali alitosi, dolori al fianco destro, pruriti alla schiena, sonnolenza dopo i pasti) è consigliabile una buona tisana a base di carciofo, oppure l’assunzione del succo fresco, spremuto dalle foglie o acquistato in erboristeria.

Il carciofo è un ottimo coadiuvante per coloro che soffrono di calcoli biliari. Chi registra valori alti di colesterolo può aiutarsi con l’infuso di carciofo. Contro la diarrea ostinata si consiglia di consumare più di un carciofo al giorno. Infine, chi lamenta artriti e reumatismi può ricorrere alla radice della pianta, in genere poco conosciuta e utilizzata, ma molto efficace.

Gli studiosi raccomandano alle donne che allattano di farne un consumo moderato, in quanto contiene sostanze che rendono il latte amaro, meno fluido e abbondante. Per uso cosmetico, il decotto di carciofo ha dimostrato un’azione bioattivante cutanea marcata attraverso applicazioni esterne, che sono particolarmente indicate per rinormalizzare le pelli gialle e con foruncoletti tipici dei soggetti epatici.

Ciro Luciano

Confronti e Intese n. 317, marzo-aprile 2018 – Da “Il mondo delle erbe” allegato a “Confronti e Intese” n. 336 novembre-dicembre 2021

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