
L’ISTAT lo ha certificato nuovamente ed ora è diventata una realtà che, piaccia o meno, deve essere affrontata possibilmente in tempi rapidi, prima che la situazione peggiori. Parliamo dei lavoratori poveri, quindi dell’emergenza stipendi e del rischio di esclusione sociale.
L’istituto di statistica recentemente ha confermato i dati diffusi dall’Organizzazione Mondiale del Lavoro ed ha evidenziato come il 10,3% di occupati vive con un reddito netto sotto la soglia di povertà.
La povertà in Italia è una delle sfide sociali più urgenti e complesse del nostro tempo. Negli ultimi anni, il problema si è aggravato a causa di fattori economici, sociali e politici, portando a un aumento del numero di persone che vivono in condizioni di difficoltà. Secondo i dati dell’ISTAT, nel 2023 il numero di persone in condizione di povertà assoluta in Italia ha raggiunto circa 5,6 milioni, pari al 9,7% della popolazione. La povertà relativa, che tiene conto del tenore di vita medio, colpisce invece oltre il 14% delle famiglie italiane. Le categorie più vulnerabili sono i giovani, le famiglie numerose, i disoccupati, gli immigrati e gli anziani con pensioni minime.Le regioni del Sud Italia, in particolare Campania, Calabria e Sicilia, presentano i tassi di povertà più alti, con un divario significativo rispetto al Centro-Nord. Tuttavia, anche nelle grandi città del Nord, come Milano e Torino, si registra un aumento delle persone senza dimora e di coloro che necessitano di aiuti alimentari. È un netto ribaltamento di quanto tutti noi credevamo fino a qualche tempo fa, ovvero troviamo un lavoro e ci sistemiamo. Ora non è più così, ora trovare una occupazione non è più indice di agiatezza o di capacità di auto-sostentamento. Ma il problema povertà in Italia non nasce oggi, ma parte da lontano, è infatti una delle sfide sociali più urgenti e complesse del nostro tempo. Negli ultimi anni il problema si è aggravato al punto tale da portare ad un aumento del numero di persone che vivono in condizioni di difficoltà. Sempre secondo l’ISTAT nel 2023 il numero di persone in condizioni di povertà assoluta in Italia ha raggiunto circa 5,6 milioni, pari al 9,7% della popolazione (mentre nel 2017 questa percentuale era dell’8,4). La povertà relativa, che tiene conto del tenore di vita medio, colpisce invece oltre il 14% delle famiglie italiane. Le categorie più vulnerabili sono i giovani, soprattutto quelli sotto i 18 anni, seguiti dalla fascia 18-34 anni, mentre gli anziani over 65 sono la categoria meno esposta. Ma tra i vulnerabili vi sono anche le famiglie numerose, i disoccupati, gli immigrati e gli anziani con pensioni minime. Le regioni del Sud Italia, in particolare Campania, Calabria e Sicilia, presentato i tassi di povertà più alti, con un divario significativo rispetto al Centro- Nord. Tuttavia, anche nelle grandi città del nord, come Milano e Torino, si registra un aumento delle persone senza dimora e di coloro che necessitano di aiuti alimentari.
Nell’analizzare la situazione si deve fare anche una differenziazione tra povertà relativa, ovvero quella situazione in cui la famiglia potrebbe avere un reddito che consente la sopravvivenza, ma resta esclusa da molti aspetti della vita sociale ed economica del Paese, e la povertà assoluta. Quest’ultima si riferisce alla condizione in cui una famiglia, ma anche un singolo individuo, non ha un reddito sufficiente per permettersi il minimo indispensabile per vivere dignitosamente (cibo, casa, vestiti, cure mediche essenziali, solo per citarne alcune).
Ad avvalorare i numeri già citati, purtroppo, c’è la realtà Caritas che con grande impegno cerca di fornire pasti caldi al maggior numero di persone in difficoltà. Per esempio, a Roma ci sono quattro mense sociali che hanno distribuito quasi 6 milioni di pasti dal 1992 ad oggi, con una media di 1.400 pasti giornalieri. A Milano, l’Opera San Francesco per i poveri gestisce due mense che servono oltre 2.500 pasti al giorno, e così via a Catania 500 pasti e 700 interventi alimentari (verso chi non può per vari motivi accedere alle mense), a Firenze ci sono altre due mense operative e poi c’è anche la realtà di Arezzo dove ci sono ben tre mense operative che hanno erogato, solo lo scorso anno 24.301 pasti, che per essere una realtà di provincia è un dato molto elevato, ed in più particolarmente rilevante se pensiamo alla realtà geografica certamente non disagiata.
Le cause della povertà in Italia sono molteplici e interconnesse. Un primo fattore è la disoccupazione a cui purtroppo, come abbiamo visto, si affianca la precarietà lavorativa. Il mercato del lavoro italiano, come ben sappiamo, è caratterizzato da una forte precarizzazione, con contratti a tempo determinato e bassi salari che non garantiscono un reddito sufficiente per vivere dignitosamente. L’automazione e la delocalizzazione delle imprese hanno inoltre ridotto le opportunità occupazionali in alcuni settori tradizionali. Inoltre, il divario tra Nord e Sud rimane elevato, con il Mezzogiorno che soffre di minori investimenti, infrastrutture carenti e una maggiore dipendenza dagli aiuti pubblici. Oltre ciò la mancanza di istruzione adeguata riduce le possibilità di accesso a lavori ben remunerati. L’Italia è tra i Paesi europei con il più alto tasso di dispersione scolastica. Da ultimo l’aumento dei prezzi degli affitti, delle bollette e dei beni di prima necessità incide pesantemente sul bilancio delle famiglie, specialmente nelle grandi città e gli shock economici, come la pandemia da COVID-19 e la crisi energetica legata al conflitto in Ucraina, hanno aggravato la situazione finanziaria di molte famiglie.
La povertà ha, purtroppo, impatti devastanti non solo sulle persone direttamente colpite, ma anche sull’intera società e tra le conseguenze più gravi vi è l’esclusione sociale perché molto spesso le persone in povertà si trovano isolate, con difficoltà ad accedere a cure mediche, istruzione e opportunità lavorative. E proprio la mancanza di accesso a cure sanitarie adeguate aumenta il rischio di malattie croniche e in situazioni più estreme e difficili la povertà può spingere alcune persone verso attività illegali, come furti e traffici illeciti, aggravando il degrado sociale in alcune aree urbane. Purtroppo, poi, come ultimo e penoso aspetto abbiamo i bambini che quando vengono cresciuti in condizioni di povertà hanno meno possibilità di migliorare il loro status sociale ed economico, creando un circolo vizioso difficile da spezzare.
Affrontare la povertà richiede un approccio sicuramente impegnativo che coinvolge le politiche economiche, sociali e occupazionali. Nonostante il vistoso aumento del tasso di occupazione bisognerebbe continuare ad incentivare la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti, investendo in settori innovativi e nella formazione professionale, continuare a ridurre la pressione fiscale sulle fasce più deboli e combattere l’evasione per garantire maggiori risorse destinate al welfare e migliorare i servizi sociali per garantire un accesso alle cure sanitarie, anche se qui i problemi sono tanti e spesso irrisolti, basti pensare alle lunghissime liste di attesa. Ma se si vuole combattere realmente la povertà si deve investire in ottica futura per contrastare al massimo la dispersione scolastica e rendere più accessibile l’istruzione universitaria. Solo attraverso politiche efficaci e investimenti mirati sarà possibile ridurre le disuguaglianze e garantire a tutti i cittadini una vita dignitosa. Il futuro del Paese dipende dalla capacità di affrontare questa sfida con serietà e determinazione.
Alessio Storace