
«Desertificazione bancaria fenomeno sempre più grave. Tassare gli extraprofitti? Misura potenzialmente dannosa per l’economia»
Audizione del Segretario Generale di UNISIN/CONFSAL Emilio Contrasto in Commissione parlamentare d’inchiesta su sistema bancario, finanziario e assicurativo
Tra le proposte del sindacato illustrate alla Commissione istituita presso il Senato: valutare l’introduzione di incentivi fiscali/economici e regolatori per le banche che mantengono filiali nelle aree interne o estremamente disagiate; introdurre meccanismi di sostegno a famiglie e PMI valutando un rafforzamento di confidi, garanzie pubbliche e strumenti di microcredito
«Siamo qui non solo come rappresentanza sindacale, ma anche come presidio di legalità e di coesione sociale». Questa mattina il Segretario Generale di UNISIN/CONFSAL, Emilio Contrasto, è intervenuto in audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario, finanziario e assicurativo attirando in primis l’attenzione sulla drastica riduzione della rete degli istituti di credito. «La desertificazione bancaria è un fenomeno che sta diventando sempre più grave in Italia, soprattutto nel Mezzogiorno del nostro Paese dove le condizioni sociali, economiche, strutturali e infrastrutturali sono già particolarmente complesse», ha detto Contrasto. «In un contesto siffatto, diventa ancora evidente la difficoltà, per moltissimi cittadini ed imprenditori di ogni dimensione, di accedere – senza eccessivo dispendio di tempo ed energie nonché trasferimenti da una parte all’altra del comune dove si vive o si opera – ad uno sportello bancario per effettuare operazioni o prelevamenti o semplicemente per chiedere una consulenza».
Di fronte alle Senatrici e ai Senatori della Commissione, il Segretario Generale di UNISIN/CONFSAL ha affrontato anche la questione di una possibile tassazione sugli extraprofitti delle banche, sottolineando che «dietro questa idea si potrebbe celare una misura non solo inefficace ma anche potenzialmente dannosa per l’economia». Nella relazione fornita alla Commissione parlamentare, Contrasto ha fornito una panoramica del Settore bancario secondo i dati ufficiali della Banca d’Italia: nel periodo che va dal 31.12.2012 al 31.12.2024 gli sportelli bancari sono passati da 32.881 a 19.654 (-13.227), con una contrazione del 40%. Per il 2025 la stima sulla base del tasso medio di riduzione annuo registrato negli ultimi dieci anni è di 19.200. La distribuzione territoriale – secondo l’ultima pubblicazione del 31 marzo 2025 “Banche e istituzioni finanziarie: articolazione territoriale” della Banca d’Italia – vede il Nord Italia concentrare circa il 58% degli sportelli, con Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto che da sole raggiungono il 40% del totale nazionale. Il Centro accoglie il 20% e il Sud e le Isole il 22%. Nello stesso periodo i dipendenti bancari sono passati da 315.238 nel 2012 a 261.653 del 2024 con una perdita di 53.585 Risorse. Gli sportelli automatici multifunzione sono calati di circa 2.600 negli ultimi tre anni passando da 30.221 (2021) a 27.613 (2024).
Interi comuni oggi non hanno più un punto di accesso ai servizi bancari, ha detto Contrasto sottolineando che la desertificazione bancaria è ormai un problema nazionale, non un fenomeno locale o relegato al Sud del nostro Paese, che ne soffre purtroppo di più per le ragioni già indicate e vede la presenza nel 2024 di soli 2.866 sportelli (-73 rispetto al 2023) con 25.137 dipendenti e una perdita di 256 Risorse. Per restare sempre al Sud nel 2012 erano presenti 4.548 sportelli ridottisi nel 2022 a 3.051 (-1.497) per scendere ancora nel 2023 a 2.939 (-1.609) e 2.866 nel 2024 (-1.682). Per quanto concerne il dato occupazionale si è passati dai 36.991 dipendenti del 2012 ai 26.092 del 2022 (-10.899) per scendere ulteriormente poi a 25.392 nel 2023 (-11.599), nel 2024 a 25.136 (-11.855). Quindi nel periodo dal 2012 al 2024 sono stati persi 11.855 posti di lavoro per riduzione degli sportelli e quindi del personale».
Contrasto ha sottolineato che la clientela bancaria nel corso degli anni ha mostrato di sapersi adattare ai cambiamenti organizzativi e alle innovazioni introdotte dal sistema bancario e di apprezzare anche l’innovazione tecnologica: il digital banking e la cosiddetta fintech. E ha aggiunto un dato importante da evidenziare: nel 2024 in Italia il 55% circa degli utenti bancari utilizzava i servizi digitali, contro una media europea pari nel 2024 al 67,2% (64% nel 2023). «Alle filiali fisiche sono subentrate massicciamente quelle online o digitali (a causa degli alti costi di gestione della rete fisica spesso non comparabili con i ricavi ottenuti e dello sviluppo dei sistemi digitali), ma la clientela è rimasta e rimane comunque assolutamente affezionata alla filiale fisica dove può interfacciarsi con il proprio gestore o con altri dipendenti della banca per risolvere problematiche o anche solo per rafforzare il rapporto interpersonale fiduciario che spesso è maggiormente favorito dall’incontro fisico».
Un altro problema evidenziato da Contrasto è rappresentato dal digital divide ovvero il divario esistente tra chi ha accesso effettivo alle nuove tecnologie (in particolare personal computer e Internet) e chi ne è escluso in modo parziale o totale. «I motivi di esclusione comprendono diverse variabili: condizioni economiche, livello d’istruzione, qualità delle infrastrutture, differenze di età o di sesso, appartenenza a diversi gruppi etnici, provenienza geografica».
«Esiste poi il problema, assolutamente strategico, della consulenza che riguarda sia la clientela privata ma anche e soprattutto le imprese e la necessità per queste ultime di trovare interlocutori in grado di rispondere velocemente ed efficacemente alle loro istanze. Altro aspetto è rappresentato dal fatto che le Banche, in moltissime circostanze, svolgono la essenziale funzione di motore di trasmissione su territori, famiglie e soprattutto imprese dei vari strumenti tempo per tempo posti in essere dalle istituzioni locali, nazionali e comunitarie a sostegno di imprese e famiglie. L’Italia, inoltre, è un Paese con la presenza di imprese medie e piccole, a caratterizzazione poco più che familiare. In tali realtà la consulenza finanziaria non può in molti casi essere gestita all’interno delle aziende. Poter, quindi, contare sulla propria banca, fisicamente presente al luogo dove si svolge l’attività di impresa, per la migliore qualificazione e quantificazione delle fonti di investimento diventa strategico».
L’innovazione tecnologica è una grande opportunità, ha riconosciuto Contrasto, ma comporta anche rischi. «Le neobank e i servizi fintech registrano tassi di crescita molto elevati. L’intelligenza artificiale rappresenta una leva strategica per il futuro del settore: consente l’automazione dei processi di controllo antiriciclaggio, l’analisi predittiva del rischio di credito, il contrasto alle frodi e la personalizzazione dei servizi alla clientela. Tuttavia, emergono rischi significativi: bias algoritmici, concentrazione dei fornitori, cybersecurity e opacità dei modelli decisionali. Organismi internazionali come BIS, FSB e OCSE hanno già raccomandato l’adozione di standard di governance, auditabilità e trasparenza. Come UNISIN crediamo che l’IA debba essere uno strumento al servizio della persona e non un sostituto del lavoro bancario. Per questo servono programmi di formazione e di riqualificazione professionale, così da accompagnare la transizione senza lasciare indietro nessuno».
Contrasto ha segnalato che il restringimento della rete bancaria si accompagna a crescenti difficoltà di accesso al credito, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI). Secondo i dati Banca d’Italia, nel 2024 i prestiti alle PMI hanno registrato una contrazione del 2,5%, a fronte di una crescita moderata (+1,8%) per le grandi imprese. «Tale dinamica rischia di alimentare un ‘dual banking system’, caratterizzato da un lato da grandi imprese integrate nei circuiti finanziari globali, dall’altro da piccole realtà locali escluse dal credito ordinario. I dati più recenti indicano che nel primo semestre 2025 la contrazione dei prestiti alle PMI è proseguita (-1,8% tendenziale), mentre le grandi imprese hanno registrato una sostanziale stabilità (Banca d’Italia, Bollettino Economico, luglio 2025)».
Per le famiglie, la desertificazione bancaria implica un aggravio di costi e tempi per accedere ai servizi di base. Le categorie maggiormente penalizzate sono anziani, migranti e nuclei residenti in aree interne, dove la chiusura delle filiali ha spesso lasciato interi comuni privi di sportelli. Ha concluso Contrasto: «Nelle aree desertificate i tempi e i costi di accesso al credito sono ancora più alti. E laddove le banche arretrano, avanza il rischio di usura e illegalità, come segnalato dalle relazioni del Ministero dell’Economia. Infatti, l’assenza o la scarsissima presenza su territori di sportelli bancari e la minore attenzione alle esigenze del tessuto sociale, economico e produttivo delle varie realtà del nostro Paese e del Sud in particolare, che sconta ancora un forte gap in tutti i settori, porta inevitabilmente con sé un incremento del fenomeno dell’usura. Bankitalia ha lanciato l’allarme parlando del rischio usura per 165 mila imprese del Sud. In assenza di supporto ed assistenza da parte degli intermediari autorizzati, l’alternativa, infatti, spesso diventa quella di ricorrere a mezzi non leciti o molto più onerosi».
Nel corso dell’audizione, Contrasto ha affrontato anche la questione di una possibile tassazione sugli extraprofitti delle banche. «Ogni anno, in vista della nuova legge di bilancio, si ripresentano varie proposte per aumentare le entrate fiscali, come l’idea di tassare i cosiddetti extraprofitti delle banche. Dietro questa idea si potrebbe però celare una misura non solo inefficace ma anche potenzialmente dannosa per l’economia». Ha spiegato il Segretario Generale di UNISIN/CONFSAL: «Prima di tutto occorre sottolineare che non esiste una definizione chiara di “extraprofitto” né tantomeno un criterio economico universalmente accettato per definire un “extraprofitto” (il ROE medio prodotto dal sistema bancario non risulta essere best performance a livello Paese). Tassare peraltro un utile solo perché è considerato “troppo alto” introduce un elemento di arbitrarietà e discrezionalità pericoloso. Il profitto è il risultato di un’attività d’impresa, e tassare in modo straordinario un settore specifico solleva dubbi sulla parità di trattamento e sulla certezza del diritto. L’argomento più volte sottolineato che gli “extraprofitti” siano un’automatica conseguenza dell’aumento dei tassi d’interesse non tiene conto del fatto che i profitti bancari dipendono anche da una gestione efficiente, dalla capacità di diversificare i ricavi e dal controllo dei costi operativi. Tassare indiscriminatamente i profitti non riconosce le differenze tra le banche più efficienti e quelle meno performanti. Inoltre, occorre tenere presente che i guadagni delle banche italiane, pur elevati, rimangono inferiori alla media europea».
Contrasto ha aggiunto che «i profitti non possono essere considerati un “regalo”, ma una risorsa necessaria per rafforzare la capitalizzazione bancaria e per finanziare gli investimenti e le imprese, contribuendo così alla stabilità del sistema finanziario e alla crescita dell’economia reale. Tassarli riduce le risorse che possono essere reinvestite, compromettendo la capacità degli istituti di credito di assorbire shock futuri, come ad esempio un aumento delle insolvenze. Un sistema bancario meno capitalizzato è più fragile e rappresenta un rischio per l’intera economia».
A tutto questo si aggiunge che una minore disponibilità di capitale per le banche si traduce in una ridotta capacità di erogare prestiti, ha sottolineato Contrasto: «Se le banche hanno meno risorse, possono essere costrette a limitare il credito a famiglie e imprese, rallentando gli investimenti e la crescita economica. La tassa, concepita per aiutare l’economia, potrebbe finire per danneggiarla».
Da non sottovalutare anche il fatto che nonostante i divieti normativi, c’è il rischio che le banche, per compensare l’onere fiscale, possano cercare di recuperare il gettito perso aumentando i costi dei servizi / finanziamenti o riducendo ulteriormente i tassi di interesse sui depositi, facendo ricadere indirettamente il costo sui clienti finali, ossia famiglie e imprese.
Queste, in conclusione, sono le proposte UNISIN/CONFSAL presentate nella relazione fornita da Contrasto alla Commissione: «La nostra Organizzazione Sindacale evidenzia la necessità di garantire una transizione equa verso la digitalizzazione, tutelando la dignità professionale e contrastando modelli organizzativi basati su pressioni commerciali eccessive». Ecco alcune proposte concrete:
– Definire livelli essenziali di servizio bancario in ogni comune, al pari di sanità e istruzione;
– Garantire soglie minime territoriali di accesso ai servizi bancari, con particolare attenzione ai comuni interni e periferici;
– Meccanismi per garantire maggiore trasparenza sui margini bancari, perché i cittadini abbiano fiducia nel sistema;
– Promuovere ulteriormente l’educazione finanziaria, con focus su anziani, migranti e microimprese;
– Attivare misure di credito agevolato per famiglie e PMI nelle aree interne.
– Istituire un tavolo permanente tra Governo, ABI e parti sociali per affrontare insieme le sfide del Settore. (va detto che nel settore è già stato introdotto nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro il Comitato nazionale bilaterale paritetico sull’impatto delle nuove tecnologie/digitalizzazione nell’industria bancaria);
– Monitorare con continuità l’impatto dell’Intelligenza Artificiale e della digitalizzazione sull’accesso al credito;
– Favorire un utilizzo responsabile dell’intelligenza artificiale, attraverso standard di auditabilità, trasparenza e controllo anche indipendente.
– Valutare l’introduzione di incentivi fiscali / economici e regolatori per le banche che mantengono filiali nelle aree interne o estremamente disagiate.
– Introdurre meccanismi di sostegno a famiglie e PMI valutando un rafforzamento di confidi, garanzie pubbliche e strumenti di microcredito.
– Allineare le strategie nazionali ai benchmark europei (Eurostat, BCE, OCSE), garantendo comparabilità e trasparenza dei dati.
– Uniformare le regole sia normative che fiscali affinché non si verifichi una sperequazione nell’applicazione delle stesse a livello europeo e domestico. In merito, va rilevato come ancora oggi la disparità delle “regole di ingaggio” fra i diversi Paesi dell’Unione Europea e tra UE e resto del mondo aggravi le nostre banche e imprese di costi maggiori, riducendone la competitività.
La conclusione di Contrasto è nel segno di questa riflessione: «Il sistema bancario italiano è oggi solido sul piano patrimoniale, ma fragile sul piano sociale e territoriale. Sta vivendo una fase di profonda trasformazione, segnata da una riduzione strutturale della rete fisica, da crescenti sfide nell’accesso al credito per famiglie e PMI, e da una digitalizzazione che apre nuove opportunità ma rischia di accentuare le disuguaglianze. La stabilità finanziaria deve essere accompagnata da inclusione sociale. La desertificazione bancaria è una questione non solo economica ma sociale e civile. UNISIN/CONFSAL richiama l’attenzione della Commissione sull’urgenza di interventi mirati, perché l’accesso al credito e ai servizi bancari è un diritto di cittadinanza e una condizione essenziale per la coesione e lo sviluppo del Paese. La sfida dei prossimi anni è costruire una banca più digitale ma non meno vicina, più efficiente ma anche più inclusiva. Questa è la strada che UNISIN/CONFSL intende proporre e percorrere, insieme alle Istituzioni e ai cittadini del nostro Paese».