La democrazia economica: perché il modello dualistico realizza davvero l’articolo 46

La democrazia economica
L'articolo 46 della Costituzione riconosce ai lavoratori il diritto di collaborare alla gestione delle imprese

C’è una promessa nella nostra Carta costituzionale che, più di altre, è rimasta a lungo sospesa tra enunciazione e realtà. È quella contenuta nell’articolo 46 della Costituzione della Repubblica Italiana, che riconosce ai lavoratori il diritto di collaborare alla gestione delle imprese, “ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro”. Una promessa alta, moderna, quasi profetica, che parla di partecipazione, responsabilità condivisa, democrazia economica. Eppure, a distanza di decenni, quella norma continua a essere evocata più nei convegni che nei consigli di amministrazione.

Oggi, però, il tema torna con forza al centro del dibattito pubblico. Non per ideologia, ma per necessità. In un’economia attraversata da transizioni tecnologiche, ambientali e sociali, la partecipazione dei lavoratori non è un lusso: è uno strumento di governo dei cambiamenti. La domanda, allora, non è se coinvolgere i lavoratori, ma come farlo davvero.

Nel diritto societario convivono due modelli di amministrazione: il sistema monistico e il sistema dualistico. Entrambi legittimi, entrambi previsti dalla legge. Ma non entrambi capaci di dare piena attuazione allo spirito dell’articolo 46.

Il sistema monistico concentra la gestione e il controllo in un unico consiglio di amministrazione, al cui interno opera un comitato per il controllo sulla gestione. In teoria, nulla vieta che in questo consiglio siedano anche rappresentanti dei lavoratori. In pratica, però, la loro presenza resta eventuale, rimessa alla volontà degli azionisti e priva di un riconoscimento strutturale. La partecipazione, nel monismo, è concessione, non diritto; opzione, non architettura istituzionale. È una partecipazione debole, facilmente reversibile, più simbolica che sostanziale.

Ben diverso è il sistema dualistico, che separa nettamente la funzione di gestione da quella di controllo. Da un lato il consiglio di gestione, dall’altro il consiglio di sorveglianza. Ed è proprio qui che si apre lo spazio per la democrazia economica. Il consiglio di sorveglianza, infatti, non è un semplice organo tecnico: nomina e revoca i gestori, approva le scelte strategiche, vigila sull’andamento dell’impresa. È il luogo naturale in cui i lavoratori possono sedere non come ospiti, ma come soggetti istituzionalmente legittimati.

Nel modello dualistico la partecipazione non è folklore aziendale, ma potere responsabile. I lavoratori non gestiscono in prima persona l’impresa, ma partecipano alle decisioni fondamentali che ne orientano il destino. È esattamente ciò che avevano in mente i Costituenti: collaborazione, non conflitto; corresponsabilità, non antagonismo; controllo sociale dell’economia, non statalismo.

Chi teme che questo modello rallenti le decisioni o scoraggi gli investimenti dimentica una lezione elementare: le imprese più solide sono quelle in cui il capitale e il lavoro dialogano. La presenza dei lavoratori negli organi di sorveglianza riduce il corto respiro delle strategie, favorisce investimenti di lungo periodo, rafforza la coesione interna. Non è un caso che i sistemi economici più resilienti d’Europa abbiano fatto della partecipazione un pilastro, non un’eccezione.

C’è poi un dato politico, prima ancora che economico. In un tempo di crescente sfiducia nelle istituzioni, la democrazia non può fermarsi ai cancelli delle fabbriche. Se milioni di persone trascorrono gran parte della loro vita in organizzazioni governate in modo opaco e unilaterale, è lì che la democrazia perde credibilità. Il sistema dualistico risponde a questa crisi portando trasparenza, rappresentanza e responsabilità dentro il cuore dell’economia reale.

Attuare davvero l’articolo 46 significa avere il coraggio di scegliere. Di dire che la partecipazione non è una formula retorica, ma una struttura giuridica precisa. Di riconoscere che il modello dualistico non è una complicazione, ma una modernizzazione. È lo strumento attraverso cui la Repubblica può finalmente mantenere una delle sue promesse più ambiziose: fare del lavoro non solo un fattore produttivo, ma un soggetto della democrazia.

La democrazia economica non si proclama. Si organizza. E il sistema dualistico è, oggi, la sua casa naturale.

Alessio Storace