Diario romantico di un doveroso viaggio a est

Ci sono viaggi che ti appaiono quasi doverosi.

Ci sono viaggi che intraprendi per dimostrare a te stesso che il mondo va avanti e che stia solo a te la scelta tra il restare a terra o il montare su di un treno.

Ci sono viaggi che alla fine hai compiuto dentro te stesso e che magari sono molto più utili di altri.

Ci sono viaggi in grado di sorprenderti perché forse un posto qualunque, nella sua modesta semplicità, può regalarti un bagaglio di esperienze umane profonde, che restano vive.

Perché in effetti, alla fine, viaggiare è un po’ questo: la capacità di vivere un luogo provando, seppur solo per un istante e in superficie, ad assaporarne l’essenza. Un’essenza che sia fatta però di vita reale, angoli opachi, chiaroscuri esistenziali, sensibilità nutrite con le emozioni dei singoli giorni vissuti da chi in quel posto ci resta davvero.

La prima volta all’estero avevo 17 anni e andai in gita scolastica a Praga: credo sia stata un’esperienza determinante per gli anni a seguire. Ho da subito covato un amore profondo per l’est Europa.

Certe cose meglio dirsele subito: è vero, l’est europeo è spesso meta gradita a chi pratichi turismo sessuale. Le donne dell’est sono belle, molto belle, eppure è una scelta che non ho mai compreso: a prescindere dalla ripugnanza che ho sempre provato immaginando di far l’amore con una donna che mi si conceda per denaro, penso che sia proprio sciocco salire su un aereo per andare all’estero a prostitute, dal momento che il mercato del sesso è piuttosto florido anche qui in Italia, peraltro tenuto vivo da gente proveniente da ogni angolo del pianeta. Si sa, di idioti è pieno il mondo.

Di città est europee ne ho visitate diverse e ricordo i momenti trascorsi a Praga, Budapest, Tallinn, Riga, Vilnius, Bratislava, Varsavia, Cracovia, Lodz: sono luoghi affascinanti. Sono tanti i motivi che mi spingono ad amare l’est: la malinconia di certi luoghi si concilia con un animo riflessivo. Il grigio di quei posti non mi incute malinconia, forse perché non nutro molti insoluti rispetto al mio percorso e al mio vissuto. Gli odori che si respirano a est sanno ancora di tradizione e di autenticità. Poi penso che la storia abbia un debito verso certi paesi: quello che l’uomo ha subito a est durante il secolo breve è difficile da descrivere e le cicatrici sono ancora visibilissime tra le vie di quelle città. Certi debiti appartengono a tutti noi e abbiamo il dovere di pagarli con monete speciali: la memoria e la testimonianza.

Ero andato a Varsavia a far visita a una ragazza polacca che avevo conosciuto in vacanza in Grecia, la chiamavo my little Polish princess. Avevo perso la testa (l’avrebbero persa in molti!) e l’ultimo giorno a Rodi le dissi che sarei andato a trovarla in Polonia. Lei non mi credette e mi salutò con un sorriso e gli occhi lucidi. Pochi mesi dopo lo feci e trascorsi con lei dei giorni bellissimi. Varsavia è stata la città più bombardata durante la seconda guerra mondiale: Hitler diede l’ordine di continuare l’assalto persino dopo la resa proclamata dalle autorità polacche. Stavo fumando una sigaretta nel giardino difronte all’albergo e passò un signore anziano estremamente distinto. Mi guardò e cominciò a parlarmi in polacco. Io gli dissi che non riuscivo a comprendere quanto dicesse e riprese in inglese. Voleva solo suggerirmi di indossare un cappello perché il freddo polacco è da sempre severo con chi lo sfidi. Mi chiese da dove venissi e, in considerazione dell’età del mio interlocutore, confesso di avergli detto di essere italiano con un certo imbarazzo. Traballò e non scorderò mai quello che mi rispose dopo avermi sorriso: “cinquant’anni fa decisi di mettere da parte il fucile e di perdonare. Da quel momento ho amato il tuo paese”. Mi strinse la mano e se ne andò. Non te la dimentichi più una roba del genere.

Poi c’è Sofia.

Sofia non è bella, ma al centro della città sorgono una chiesa ortodossa, una cristiana, una moschea e una sinagoga: lo chiamano il quadrato della tolleranza. Sofia non è bella, ma una volta cercarono di ammazzare il re facendo saltare in aria un’intera basilica durante una funzione religiosa: il monarca si salvò solo perché era in ritardo. Sofia non è bella, ma nelle chiese ortodosse potete pregare con due candele: quelle alte sono per dedicare un pensiero ai cari in vita, quelle basse per ricordare chi non c’è più. Sofia non è bella, ma quando cadde il regime buttarono giù la stella rossa che sino a quel momento aveva dominato il palazzo del parlamento: tutti erano convinti fosse fatta con materiali preziosi, ma restarono delusi nel constatare che fosse plasticaccia dozzinale. Sofia non è bella, ma una signora mi ha raccontato cosa ha provato la prima volta che ha assaggiato la Coca Cola quando finalmente è arrivata pochi anni fa. Sofia non è bella, ma nonostante la Bulgaria fu costretta ad allearsi ai nazisti, il re trovò il modo per salvare cinquantamila ebrei e per questo Hitler lo fece avvelenare. Sofia non è bella, ma ho bevuto due birre in un locale ricavato da un vecchio e sporco appartamento del centro, dove la sera si radunano tutti i musicisti di strada e mettono su un concerto incredibile. Sofia non è bella, ma hanno ricavato un pub dall’ex sede della polizia segreta del regime: una persona su tre in quegli anni era un delatore, persino i preti lo erano e nelle scuole si facevano recitare ai bambini le preghiere in onore di Zio Stalin in cambio di caramelle. Sofia non è bella, ma una ragazza mi ha raccontato di quando i suoi genitori prendevano un treno per Budapest per comprare dei giocattoli che a Sofia non c’erano e per risparmiare dormivano sulle panchine della stazione ungherese: è stato un bel bacio. Sofia non è bella, ma in un locale una malinconica ragazza mi ha raccontato che non è riuscita ad entrare nel mondo dello spettacolo perché, dopo aver recitato in diversi video musicali di star bulgare e dopo aver inciso una canzone tutta sua, le hanno fatto capire che per avere successo avrebbe dovuto concedere il suo corpo a qualcuno: mentre mi raccontava la sua storia, all’improvviso mi ha spiazzato dicendomi “non ci pensare, passerà!” e devo dire che anche quello è stato un bel bacio. Sofia non è bella, ma al centro della città sorge un monumento dedicato all’armata rossa e di notte i giovani si divertono a decorarlo in maniera sempre diversa: una volta hanno trasformato i soldati russi in supereroi della Marvel.  Sofia non è bella, ma gli universitari organizzano tour gratuiti in giro per la città: sono orgogliosissimi di vivere a Sofia, di essere bulgari e uno di loro mi ha detto che nonostante i problemi e la corruzione, non smette di sperare e di lottare perché il paese possa diventare migliore. Sofia non è bella, ma io ci sono stato e ho vissuto un’esperienza per me significativa e conflittualmente agrodolce. Sofia non è bella, ma mentre giravo per la città avevo freddo e prendevo appunti. Sofia non è bella, ma non me ne pento e non la dimenticherò mai.

Savino Balzano