Il bracciale e la fiera dell’est

bracciale lettronico
Bracciale elettronico e robot

Ha fatto scalpore la notizia che Amazon, il colosso multinazionale nell’e-commerce, ha brevettato un bracciale elettronico per i dipendenti con il quale sarà facile individuare la merce nei magazzini. Uno strumento aziendale studiato per velocizzare, ottimizzare, razionalizzare l’attività produttiva.

Il problema è dato dal fatto che i lavoratori, in questo modo, potrebbero essere controllati sia negli spostamenti sia nella esecuzione della loro attività e questo in contrasto a quelle che erano le norme di tutela previste dallo Statuto dei Lavoratori. Sottolineo “erano”, perché le norme dello Statuto sono state superate dal Jobs Act.  Infatti, le norme sul lavoro, approvate dal Consiglio dei Ministri nel 2015, hanno reso possibile, per le aziende, effettuare il controllo a distanza dei dipendenti pubblici e privati. In altri termini, l’azienda, di fatto, può effettuare il controllo sul dipendente attraverso computer, cellulari e tablet aziendali, ossia, su quegli strumenti tecnologici che l’impresa concede in dotazione ai propri dipendenti, nel nostro caso il bracciale elettronico, che, in sostanza, non sarebbe altri che uno strumento di lavoro. A quanti affermano che niente di tutto questo sia possibile senza il preventivo accordo con i sindacati, occorre ricordare che tale accordo è richiesto dalla legge solo nel caso di un impianto di sorveglianza fisso. I controlli diventano liberi, vale a dire senza necessità di accordo con i sindacati, quando si tratta di strumentazione tipo tablet e cellulari che sono dati in dotazione ai dipendenti come strumenti per svolgere l’attività lavorativa.

Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti è intervenuto sul tema con un commento davvero lapalissiano, ricordando che in Italia “c’è una legge, e la legge va rispettata. Quindi le cose che si possono fare sono quelle che ammette la legge e quelle che non si possono fare sono quelle che la legge vieta”. Amazon, in una nota stampa, ha tenuto a precisare che “In tutti i Paesi in cui opera rispetta in maniera rigorosa tutte le regolamentazioni in materia di lavoro”.  Morale della favola, a sentire anche l’opinione di tanti esperti in diritto del lavoro, il bracciale elettronico in Italia potrebbe essere perfettamente legale. L’azienda di Seattle, oltre a conquistare imponenti quote di mercato, a livello mondiale, è diventata anche una azienda leader nel settore dell’innovazione tecnologica, tanto che la gestione dei suoi magazzini è quasi interamente robotizzata. Probabilmente, il bracciale elettronico servirà a velocizzare proprio le fasi di lavoro non gestite dai robot e che, per l’appunto, riguardano il collocamento della merce nelle scatole per la spedizione. Nel mercato globale l’azienda americana, in questo momento, è in cima alla piramide dato che, sempre di più, sta conquistando fette di mercato a danno dei competitori tradizionali. Infatti, negli USA molti centri commerciali e molte imprese attive nel commercio stanno andando in sofferenza proprio a causa dell’attività concorrenziale di Amazon. Le prime vittime della liberalizzazione dei mercati sono state le piccole botteghe che hanno chiuso per l’antagonismo dei supermercati, ora è la volta dei supermercati che stanno cedendo il passo agli ipermercati che a loro volta devono confrontarsi con i grandi centri commerciali. E ora questi ultimi tremano di fronte al commercio on line, sempre più veloce e conveniente. Mi viene in mente la canzone di Angelo Branduardi “Alla fiera dell’est” con il ritornello “per due soldi, un topolino mio padre comprò” e poi “venne il gatto, che si mangiò il topo” e ancora “e venne il cane, che morse il gatto, che si mangiò il topo” e così via.  Verrà anche il turno di Amazon?

Enzo Parentela