Insubordinazione: per dipendente pubblico e privato stesse regole

Qualora ritenga che le mansioni impartitegli dal superiore siano dequalificanti, il dipendente pubblico può rifiutarsi di eseguirle o deve far accertare giudizialmente l’illegittimità del provvedimento aziendale?

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza 19 aprile 2018, n. 9736, qualifica l’insubordinazione come la violazione degli obblighi di diligenza, ed in particolare di obbedienza, posti in capo al lavoratore. Con questo termine si intende una serie di condotte e non può essere limitata al semplice rifiuto del dipendente di adempiere alle disposizioni del datore di lavoro, bensì fa riferimento a tutti quei comportamenti volti a pregiudicare l’attuazione delle direttive datoriali all’interno dell’organizzazione aziendale, anche attraverso l’aperta e pubblica contestazione delle disposizioni impartite dal superiore. In questi casi il lavoratore non rispetta gli obblighi assunti in base al contratto di lavoro subordinato, e nei casi più gravi tali inadempimenti possono legittimare il datore di lavoro ad infliggere la sanzione disciplinare per eccellenza, ovvero il licenziamento per giusta causa ex 2119 cc..

Il caso: con la sentenza n. 9736 del 19 aprile 2018 la Cassazione ha accolto il ricorso presentato da un comune, che nei precedenti gradi di giudizio si era visto dichiarare (con motivazioni diverse in primo e secondo grado) la nullità del licenziamento per giusta causa che aveva intimato ad una propria dipendente la quale ricopriva il ruolo di Comandante di Polizia Municipale; dai fatti emergeva che questa avesse più volte disatteso gli ordini ricevuti dai propri superiori perché ritenuti dequalificanti e volti a privarla di funzioni istituzionali, ciò assieme alle assenze ingiustificate dal servizio aveva determinato un suo licenziamento per giusta causa.

La Suprema Corte ha infatti ritenuto che nel pubblico impiego si applica quanto stabilito per il settore privato, ciò significa che il dipendente non può dirsi privo della possibilità di reagire ad ordini illegittimi, semplicemente non potrà decidere da solo, a priori, di sottrarsi alle disposizioni di un superiore pregiudicandone l’attuazione nel quadro dell’organizzazione aziendale, dovrà piuttosto agire chiedendo al giudice l’accertamento (anche in via d’urgenza) dell’illegittimità dell’ordine ricevuto, questo perché il vincolo di subordinazione stesso comporta che il lavoratore si obblighi a prestare la propria attività lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore (art. 2094 cod. civ.).

Maria Grazia Palmarini