25 novembre, oltre l’8 marzo

Ogni anno la Festa delle Donne rappresenta un momento di riflessione sul diritto delle donne ad essere trattate con pari dignità rispetto agli uomini.

Poi, passata la festa, dal giorno dopo possiamo condividere che ancora una volta abbiamo ricordato, commemorato, condiviso, festeggiato, manifestato, proclamato, richiesto, denunciato (e chi più ne ha, più ne metta…); insomma, ci siamo ritrovati come ogni 8 marzo a celebrare con una serie di buone intenzioni, un desiderio di buone pratiche politicamente corrette, un richiamo al senso di civiltà e di rispetto per le donne.

Oggi, 25 novembre 2018, viene vissuta la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, ulteriore momento di attenzione ad un problema che, anno dopo anno, purtroppo non tende a risolversi.

Ottima scelta, quindi, quella di mantenere alta l’attenzione su tali temi, più volte nel corso dell’anno; però mi chiedo se e cosa cambierà dopo aver celebrato tali eventi, se e quando ci ritroveremo per festeggiare almeno un traguardo raggiunto.

Credo che oltre alla legittima protesta sociale e in aggiunta alle leggi di tutela e alla repressione di ogni forma di violenza, occorra un radicale cambio di mentalità, una preventiva educazione morale, che è alla base di ogni civile convivenza, di ogni società definita civile.

Ciò vale in ogni ambito, ed è particolarmente avvilente nel mondo del lavoro, quando vediamo differenze salariali tra donne e uomini che fanno lo stesso lavoro. Probabilmente c’è una responsabilità, non solo morale, anche da parte dei sindacati; certo, si possono addurre scusanti laddove il sindacato non riesce a fare breccia, e penso ovviamente alle piccole imprese, al ramo del commercio, alle imprese artigiane, alle imprese familiari. Ma indubbiamente ci sono ampi margini di miglioramento.

Ed allora immagino un futuro fatto di educazione, più che di formazione. Non dobbiamo pretendere altre leggi, sanzioni, quote rosa; piuttosto dobbiamo cominciare ad educare i nostri figli al rispetto, alla normalità della diversità (anche di genere), insomma reintroduciamo una sana educazione civica e sociale nei programmi scolastici, ad iniziare dalle scuole primarie.

Bisogna rieducare la nostra distratta società ai valori e ai principi che sono alla base di una comunità sana e produttiva. Contrastando allo stesso tempo tutti gli  atteggiamenti controproducenti, che possiamo raggruppare col suffisso “ismo”: individualismo, egoismo, arrivismo, razzismo di genere, di posizione, di casta, economico, culturale, ecc..

Bisogna agire con coraggio e determinazione, perché chi lotta può anche perdere, ma chi non lotta ha già perso!

Da un uomo che ama le donne, senza se e senza ma.

 Roberto Benedetti