La guerra delle etichette

Lo scontro è partito lo scorso luglio, dopo le dichiarazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, contenute nel report Time to Deliver, di voler debellare in tutti i modi possibili le malattie del terzo millennio, da quelle cardiovascolari al diabete, fino ai tumori, innanzitutto attraverso la sana alimentazione.

Mossa da più che giuste intenzioni l’OMS ha fornito nel rapporto, tra le altre cose, raccomandazioni a favore dell’adozione di norme di etichettatura su alcuni prodotti per evidenziare la presenza di sale e grassi saturi. Da qui è scaturita un’alzata di scudi da parte dell’intero comparto agroalimentare italiano, timoroso che prodotti come pizza, vino e olio d’oliva potessero essere bollati come poco salutari per poi disincentivarne il consumo. In più di un’intervista, il Ministro dell’Agricoltura Centinaio ha definito, se così fosse, “pazzia pura la possibilità che alcuni prodotti italiani potessero finire nella lista nera dell’Oms ed essere equiparati a cibi dannosi per la salute, su tutti il junk food americano. Coldiretti ha parlato di “atteggiamento schizofrenico da parte dell’Onu che, sulla scorta dei sistemi di etichetta a semaforo, adottati in Gran Bretagna e Francia, penalizza i prodotti che contengono zuccheri, grassi e sale, equiparandoli di fatto alle sigarette con l’inserimento di immagini choc sulle confezioni, mentre da il via libera a tutti i prodotti dietetici e poveri di zuccheri delle multinazionali, come ad esempio le bibite gassate. Gli animi si sono placati a seguito delle rassicurazioni delle Nazioni Unite, arrivate in settembre: nessuna criminalizzazione per alcun tipo di alimento, soltanto indicazioni e raccomandazioni per una dieta sana.

Tuttavia, nel nostro Paese è rimasta la preoccupazione per eventuali strumentalizzazioni, da parte di altri Stati, delle raccomandazioni dell’OMS, soprattutto con riguardo a nuove possibili barriere commerciali per le eccellenze alimentari italiane, esportate in tutto il mondo. E, proprio a proposito della possibilità di manipolare le raccomandazioni dell’Onu e con riguardo alle fuorvianti etichette a semaforo, l’ultimo capitolo di questa guerra è stato scritto da poco, lo scorso novembre, con l’apertura di una procedura di infrazione a carico del Regno Unito.

L’utilizzo indiscriminato e disorientante per i consumatori delle etichette a semaforo, del governo di Londra, infatti, ha provocato la reazione della Commissione Europea, che ha risposto nel merito anche ad un’interrogazione scritta di una eurodeputata italiana sul contenuto del report dell’OMS in merito all’etichettatura degli alimenti: “le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette godono di elevati livelli di protezione a norma del regolamento (UE) 1151/2012. Il regime è istituito al fine di aiutare i produttori di prodotti legati a una zona geografica, garantendo una giusta remunerazione per le qualità dei loro prodotti, garantendo una protezione uniforme dei nomi in quanto diritto di proprietà intellettuale sul territorio dell’Unione (contro qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, tra le altre cose) e fornendo ai consumatori informazioni chiare sulle proprietà che conferiscono valore aggiunto ai prodotti”.

Non rimane che attendere l’evoluzione della storia.

Rossella Marchese