Hitler, l’Arte Degenerata e la storia di Cornelius Gurlitt

Il 19 luglio del 1937, 81 anni fa, si tenne a Berlino una singolare mostra d’arte, la Entartete Kunst, la mostra dell’Arte Degenerata.

Nei filmati d’epoca i visitatori si aggirano tra i quadri e le sculture con espressioni circospette, come chi ha di fronte qualche cosa di inaudito e imbarazzante. Qualcuno scuote la testa, le donne si scambiano occhiate incredule, c’è che ostenta smorfie di compiaciuto disgusto: è la buona borghesia tedesca, ben vestita, poca colta e ligia al Führer. Alle pareti dadaisti, impressionisti, cubisti, fauvisti, surrealisti e persino gli espressionisti (nonostante la matrice tedesca e il fatto che alcuni di loro avessero aderito al partito nazista), stigmatizzati e messi al bando dal regime nazista per la loro arte e poetica, fonte di caos e disgregazione. E questa presa di posizione venne resa esplicita proprio dalla Mostra sull’Arte Degenerata.

Dopo aver saccheggiato i musei che esponevano queste opere tanto disprezzate, i nazisti ne raccolsero 650, destinate alla distruzione o, ancora meglio, utilizzate per fare cassa o come moneta di scambio quando si andava in giro per mezza Europa a depredare le grandi collezioni private, soprattutto di Ebrei. I nazisti esibirono quindi, queste “oscenità”, in una mostra itinerante che toccò undici città della Germania e dell’Austria, il tutto allo scopo di mostrare ai Tedeschi che tipo di arte disprezzare. La mostra partì da Monaco e fu aperta da Joseph Goebbels in persona. Pochi giorni prima si era tenuta invece, nelle immediate vicinanze, una grande mostra dell’arte tedesca, assolutamente antitetica rispetto all’altra e celebrativa dell’arte gradita al regime, quella classica inneggiante al potere.

Spenti i riflettori sull’Arte Degenerata molte di quelle opere razziate semplicemente svanirono nel nulla; tele e disegni di Matisse, Degas, Picasso, Chagall, Ernst, Klee, Grosz, Kandinsky, Mondrian, Kokoschka, Dix, Kirchner, Van Gogh. Ma non venne risparmiato neppure Franz Marc, che per la Germania aveva dato la vita nella Grande Guerra. Fino a che, nel 2012, il settimanale tedesco Focus mise nero su bianco la storia incredibile di Cornelius Gurlitt e, attraverso di essa, iniziò a diradarsi la nebbia attorno alla infinita storia delle mancate restituzioni delle opere sottratte dalla Germania nazista.

Il signor Gurlitt, 78enne di Monaco, era un signor nessuno: non aveva un numero di previdenza sociale né una pensione o un’assicurazione medica. Non risultava che avesse mai lavorato, ma non aveva comunque mai richiesto sussidi. Il controllo a casa del fantasma, nel febbraio 2012, avrebbe lasciato, però, un segno nella storia: quel vecchietto solitario, che aveva accolto gli agenti in pigiama, viveva circondato da 1.406 dipinti, di cui 121 incorniciati, la maggior parte dei quali appartenenti a quell’arte degenerata tanto invisa al regime nazista. Ed in effetti, il padre di Cornelius Gurlitt, Hildebrand, lavorava per il regime come mediatore; essendo ebreo per un quarto, per sfuggire alle leggi razziali e mettere a riparo la propria famiglia, si offrì di aiutare i nazisti nel “recupero” di opere d’arte presso le famiglie ebree in quanto esperto e storico dell’arte.

Le opere degenerate recuperate da Hildebrand, in parte andavano al Reich, altra parte serviva a rimpinguare, tramite qualche buona vendita, le tasche di Gurlitt. Alla morte del padre, nel 1956, Cornelius, dunque, ereditò non solo denari ma anche e soprattutto, un enorme patrimonio culturale ed artistico che si credeva fosse andato distrutto sotto i bombardamenti di Dresda del 1945.

Quante collezioni sepolte come quella dei Gurlitt esistono ancora in Europa è un mistero, ma anche una inquietante possibilità visto il numero di opere d’arte scomparse durante il periodo della grande razzia nazista e mai ritrovate.

Rossella Marchese