COVID-19 e Unione europea, una difficile solidarietà

In questi giorni sentiamo tanto parlare di Unione europea. L’emergenza generata dalla pandemia del COVID-19 sta evidenziando, purtroppo, alcuni egoismi nazionali e la mancanza di solidarietà sociale ed economica tra i vari Paesi dell’Unione. Tante le parole che i media ripetono, quali superamento del patto di stabilità, Trattati, BCE, sospensione di Schengen, fondi europei, Eurobond, di cui non sempre conosciamo il significato e la reale portata.

Abbiano scelto alcune tematiche e ne abbiamo parlato con l’Avv. Prof. Umberto Aleotti, docente di Diritto internazionale presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Maddaloni e cultore di Diritto internazionale dell’economia presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”.

Il mancato sostegno finanziario in favore di Stati membri come l’Italia, particolarmente colpiti dall’emergenza dovuta al virus COVID-19, rischia di mettere in pericolo l’esistenza dell’Unione europea?

Certamente no. Per comprendere meglio il problema degli interventi finanziari dell’Unione europea, differenzierei innanzitutto i piani e gli ambiti. Da un lato, terrei distinto il piano dell’Unione europea dal piano degli Stati membri, dall’altro, l’ambito dell’unione economica dall’ambito dell’unione monetaria.

L’Unione europea non si occupa della salute o della sanità pubblica, se non in via sussidiaria rispetto agli Stati membri. In base al principio di sussidiarietà, sancito nell’articolo 5 del Trattato sull’Unione europea (TUE), l’Unione interviene solo se e in quanto gli obiettivi della materia prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, ma possono, in relazione alla portata e agli effetti delle azioni prestabilite, essere conseguiti meglio sul piano europeo.

Una situazione di emergenza come quella attuale non si era, per fortuna, mai presentata prima e non era quindi sorta l’esigenza di azioni europee comuni. Questo chiarisce le difficoltà di intervento dell’Unione sulla pandemia in atto e il ritardo, pur criticabile, con cui essa si è mossa. In una situazione del genere, dove lo spazio di manovra è innanzitutto di competenza degli Stati membri, questi, utilizzando le strutture istituzionali dell’Unione come luogo di confronto, hanno dovuto verificare se, per superare la situazione di emergenza presentatasi, non fosse necessaria una o più azioni dell’Unione. Trattandosi di una pandemia, che, per definizione, non riguarda solo uno o alcuni Stati membri e non è limitata a casi sporadici e isolati, si è reso indispensabile l’intervento dell’Unione.

Che può fare e cosa concretamente ha fatto l’Unione europea e, in particolare, la sua istituzione maggiormente rappresentativa, la Commissione europea, in questa situazione che richiede urgenza?

La Commissione europea ha operato sia sotto il profilo dell’unione economica, consentendo agli Stati di derogare alla disciplina, contenuta nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), relativa agli aiuti di Stato in favore delle imprese, che, si può ricordare, rende incompatibili con il mercato interno dell’Unione e con la libera concorrenza gli aiuti concessi in qualsiasi forma dagli Stati ai propri operatori economici, sia sotto il profilo dell’unione monetaria, consentendo deroghe alla disciplina del Trattato sul “fiscal compact” (ex patto di stabilità) e così autorizzando gli Stati ad allontanarsi dagli obietti di bilancio, previsti dall’accordo come vincolanti, al fine di permettere l’armonizzazione delle politiche fiscali degli Stati membri che fanno parte dell’area euro. Non tutti gli Stati membri dell’Unione hanno, infatti, adottato la moneta unica, ma solo diciannove Stati su ventisette e solo i primi sono parti contraenti del Trattato.

Saranno utilizzati i fondi europei?

La Commissione ha anche accelerato le procedure di conferimento dei fondi europei, in specie quelle riguardanti il Fondo sociale europeo, per sostenere, nel quadro normativo della politica sociale europea, l’occupazione in questo difficile momento e quelle concernenti il Fondo di coesione, che, nel quadro della politica di coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione europea, deve far fronte all’inevitabile crisi economica che deriverà dalla situazione sanitaria emergenziale, finanziando gli investimenti in infrastrutture allo scopo di ripristinare le normali condizioni di vita delle popolazioni degli Stati membri interessate.

La Commissione si è però resa conto che occorrono strumenti finanziari ad hoc, che, in occasione di catastrofi sanitarie, come l’emergenza causata dal virus COVID-19, abbiano un impatto non solo economico ma anche umano e con i quali l’Unione europea sia in grado di dimostrare solidarietà agli Stati attaccati dal virus, agendo in maniera efficace per contenere i contagi, aiutare i pazienti e combattere, allo stesso tempo, le ricadute economiche negative della crisi. Ecco perché è stata già presentata al Parlamento europeo e al Consiglio la proposta di un nuovo regolamento per “l’assistenza finanziaria agli Stati membri gravemente colpiti da emergenze sanitarie pubbliche”, che amplia i compiti del preesistente “Fondo europeo di solidarietà”, istituito per le sole catastrofi naturali, e, probabilmente, secondo quanto dichiarato dal presidente Ursula von der Leyen, sarà creato uno strumento finanziario specifico, il programma “Sure”, con l’obiettivo di integrare il salario dei lavoratori che, evitando il licenziamento, accetteranno di lavorare, in questa situazione di emergenza, meno ore e, dunque, con paga ridotta.

Bianca Desideri