UNISIN/CONFSAL: uniti per il futuro del lavoro e del Paese

Emilio Contrasto (Foto di Enzo Barbieri)

Una grande differenza tra il 1° maggio 2019 e quello che abbiamo vissuto in questo tragico 2020 per ricordare la Festa dei Lavoratori, che ha assunto una dimensione differente ma al tempo stesso più forte, più carica di significati e che ha messo in rilievo, oltre ai già gravi problemi dell’occupazione di cui già soffriva il nostro Paese, anche quelli gravissimi causati dal lockdown per Covid-19.

Sembra un tempo molto lontano eppure era solo un anno fa che ci abbracciava, come Federazioni aderenti alla CONFSAL, la sontuosa e suggestiva Piazza del Plebiscito di Napoli, cuore pulsante del Mezzogiorno d’Italia. Solo un anno fa UNISIN era in quella piazza colma di Lavoratrici, Lavoratori, Dirigenti sindacali, persone felici di partecipare ad un evento importante che tra il garrire delle bandiere delle tante Federazioni aderenti, gli interventi, fra i quali quello del Segretario Generale della CONFSAL, Angelo Raffaele Margiotta, e quello del nostro Segretario Generale, Emilio Contrasto, analizzava le tante tematiche del lavoro, della sicurezza, dell’occupazione e di tanti altri temi fondamentali per la vita economica e sociale del nostro Paese e parlava di futuro: un futuro che in questo momento sembra essersi dissolto per effetto di una pandemia che ha profondamente modificato il modo di vivere di ciascuno di noi.

Il 1° maggio appena trascorso nei tanti eventi virtuali, nelle tante piazze, anche musicali, solo “informatiche”, ci ha fatto vivere una situazione totalmente differente: siamo passati dalla fisicità alla virtualità dell’incontro tra le persone, ma non delle problematiche. Forte è stata, infatti, la richiesta di affrontare il presente e ancor più di progettare il futuro che è già domani.

Un nuovo modo di comunicare quello a cui ci ha ,nostro malgrado, obbligati il Covid-19 che ha aperto anche una nuova e più vasta frontiera per il futuro del mondo del lavoro.

Ne parliamo con Emilio Contrasto, Segretario Generale UNISIN, che ieri ha partecipato alla manifestazione “virtuale” del 1° maggio promossa dalla CONFSAL in diretta facebook che le nostre Lettrici e i nostri Lettori possono vedere o rivedere collegandosi al sito www.unisin.it.

Partiamo da una considerazione. Tutte le Lavoratrici ed i Lavoratori impegnati in prima fila nei servizi ritenuti essenziali sono stati a lungo ringraziati per l’immenso lavoro che stanno facendo a supporto della popolazione, tranne i bancari e i postali…

Purtroppo,sono due categorie di Lavoratori che, almeno finora, non hanno trovato nei mass media e in chi governa parole di ringraziamento per il lavoro prezioso che stanno svolgendo e di riconoscimento per aver garantito, tra mille difficoltà e mille rischi, attività essenziali per le famiglie e per le imprese.  Solo la Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo, nel suo messaggio in occasione del Primo Maggio ha ricordato la nostra categoria, sottolineando come anche i bancari hanno dovuto piangere i loro morti e che, insieme alle altre categorie che si sono impegnate con altrettanta abnegazione in questo momento difficilissimo, devono essere considerati l’emblema di questo Primo Maggio.

Le Lavoratrici e i Lavoratori del Settore sono, sino ad ora, stati considerati quasi come “figli di un Dio minore”, come se non corressero gli stessi rischi di coloro in questi ultimi due mesi hanno continuato a garantire al Paese di andare avanti seppure in condizione di lockdown.

Scontano forse la crisi reputazionale delle banche?

Direi proprio di sì. Continuamente siamo costretti, come Organizzazioni Sindacali del credito, a ricordare la differenza tra “bancari” e “banchieri”. I bancari sono lavoratori impegnati a dare supporto alla clientela e quindi alla popolazione ed a loro volta sono soggetti a pressioni commerciali da parte dei datori di lavoro, spesso con minacce di varia natura. Il comportamento di alcuni banchieri e top manager, penso ai recenti casi di banche sottoposte a commissariamento da parte delle competenti autorità di vigilanza che in alcuni casi è sfociato nella necessità di intervento da parte di altre banche che ne hanno rilevato sportelli e dipendenti, ha invece contribuito a compromettere il ruolo e la reputazione del Settore, conquistati in passato.  Occorre però non fare di tutta l’erba un fascio…..

È ormai dalla grande crisi economico-finanziaria mondiale che le banche sono viste quasi come “nemici” e di conseguenza anche chi opera nel settore non è benvoluto ed è spesso vittima di attacchi da parte della clientela. Ma va ricordato e sottolineato, come abbiamo fatto nei giorni scorsi, che si tratta di lavoratori salariati e non di banchieri e top manager che continuano a guadagnare cifre assurde.

Come Segretario Generale di UNISIN ha preso forte posizione contro alcune dichiarazioni fatte sulle banche…

Sì, sono stato costretto a replicare duramente, proprio alcuni giorni fa, a dichiarazioni politiche che purtroppo, in un momento anche di grave tensione sociale come quello che stiamo vivendo, certo non aiutano l’operatività e soprattutto la sicurezza delle tante Colleghe e dei tanti Colleghi che si stanno impegnando con grande professionalità per supportare il Paese con tutte quelle misure emanate per aiutare le famiglie e le imprese e che sono state di fatto totalmente “demandate” alle banche.

Dico di più, occorre, da parte dei “decisori politici”, come ormai siamo abituati a sentir definire chi ci governa, maggiore cautela nell’esprimere considerazioni per evitare di alimentare possibili risentimenti nei confronti delle banche e di conseguenza di coloro che vi lavorano e che si trovano, per usare un termine del linguaggio di guerra, in “trincea” per evitare che questi diventino bersaglio della crescente insofferenza causata dalla gravissima crisi economica e sociale generata da Covid-19.

I vari ritardi e le difficoltà nell’accesso ai finanziamenti sono dovuti innanzitutto alle stesse misure contenute nei decreti, ai dubbi interpretativi che essi stessi suscitano, alla burocrazia, alla lentezza nell’acquisizione delle garanzie pubbliche.

In alcuni casi ci sono stati, certamente, ritardi imputabili ad alcune banche e, a volte, un’eccessiva ed inutile solerzia nella valutazione delle posizioni imposta dal top management. Occorre però essere chiari: quasi sempre si tratta di tempi tecnici necessari all’adeguamento delle procedure interne ed alla necessità di rendere le stesse procedure “compatibili” con le previsioni del Decreto liquidità. Nei casi in cui la difficoltà di accesso ai finanziamenti è frutto di scelte manageriali, il Sindacato è stato pronto a denunciare questi eventi, chiamando ciascuno alle proprie specifiche responsabilità

Ha ricordato nel suo intervento di ieri nella piazza virtuale del 1° maggio che i bancari sono sottoposti a due rischi…

Purtroppo, sì e lo sottolineo. Il rischio per la propria salute a causa del virus ed il rischio sociale che si scatena dalla rabbia dei tanti imprenditori e delle tante famiglie che sono costrette a recarsi in banca per gli adempimenti legati ai benefici erogati dallo Stato. Anche il nostro settore deve purtroppo piangere le sue vittime.

I bancari fanno responsabilmente il proprio lavoro e non possono mettere a rischio la propria incolumità, oltre che a causa del virus, anche per assurde pretese ed aggressioni da parte di clienti esasperati a causa dei problemi di liquidità aggravati da una pessima informazione e da messaggi sbagliati. Serve chiarezza. Altro che accuse, slogan e “atti d’amore”. La politica faccia il suo dovere, immetta reale liquidità nel Sistema a supporto di famiglie ed imprese e non si faccia il gioco dello “scarica barile” poiché il Paese deve poter uscire al più presto da questa crisi e riprendere la posizione economica che gli spetta nel panorama internazionale.

Molti si lamentano dei ritardi nelle erogazioni, della farraginosità della modulistica da compilare, delle mille difficoltà che incontrano in banca…

E questo, come detto, non è certo colpa dei Lavoratori del Settore che per primi sono costretti a districarsi nei meandri delle norme emanate. Occorre maggiore chiarezza e semplicità e soprattutto occorrono anche misure economiche concrete, a fondo perduto e gestibili al di fuori dei noti ed assurdi meandri burocratici che da sempre caratterizzano la pubblica iniziativa nel nostro Paese.

E di malcontento non abbiamo bisogno…

Giusto. Il rischio è, come dicevo prima e ripeto, che il malcontento si riversi tutto in banca e che a pagarne le conseguenze siano i Lavoratori. È per questo che, come Organizzazioni Sindacali del Settore, abbiamo scritto alla Ministra Lamorgese ed ai Prefetti rappresentando il rischio e chiedendo supporto a tutela dei Colleghi.

Ma Lei citava anche un altro rischio, assolutamente non trascurabile, quello della salute e per questo avete siglato, come Organizzazioni Sindacali del Credito, ben tre protocolli di Settore, l’ultimo il 28 aprile scorso…

Sì. Per noi, ovviamente, la salute e la sicurezza delle Lavoratrici e dei Lavoratori è essenziale e non negoziabile, lo ripetiamo e lo ripeteremo continuamente fino alla noia. Abbiamo firmato con ABI un nuovo protocollo di Settore in materia di “Misure di prevenzione contrasto e contenimento della diffusione del virus Covid-19 per garantire l’erogazione dei servizi del settore bancario ai sensi del DPCM 26 aprile 2020”. Questo protocollo, a far data dal 4 maggio e sino alla cessazione delle misure di emergenza, segue e sostituisce in coerenza e adeguamento ai provvedimenti normativi del Governo, i Protocolli del 16 e 24 marzo 2020, migliorandone le previsioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il nuovo Protocollo, inoltre, è stato inviato alla Presidenza del Consiglio, al Ministro del Lavoro ed al Ministro della Salute.

Il nuovo protocollo è più stringente?

Sì, l’elemento di rilievo del Protocollo, che tra l’altro recepisce la previsione dell’art. 2 co. 6 DPCM 26 aprile 2020, è la previsione secondo la quale la mancata attuazione del Protocollo tale da non garantire adeguati livelli di protezione e sicurezza determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza. Evidenzia, inoltre, la preferenza della modalità di lavoro agile e su appuntamento. Ci siamo riservati una verifica rispetto a tale ultima modalità in data 8 maggio 2020.

Prevede altresì l’obbligo di segnalazione alle competenti autorità in caso di previsione di picchi di affluenza, obbligo di distanziamento e sanificazione degli ambienti nonché di dotazione generalizzata di mascherine protettive per il Personale.

Restano in vigore le prescrizioni in materia di informazione circa le condizioni di salute e del divieto di accesso in caso in temperature superiore a 37,5°.

Infine, sono state ampliate le previsioni di sicurezza relative all’accesso di fornitori terzi e prevista l’articolazione dell’orario di lavoro, limitatamente alla fase di emergenza, per gruppi differenziati all’interno di una forbice oraria compresa fra le ore 7.00 e le ore 19.30.

Il timore espresso dagli esperti del comitato scientifico è sulla possibile ripresa del contagio. Cosa prevede il Protocollo?

In caso di aggravamento degli indici di contagio la modalità su appuntamento per il ricevimento della clientela sarà comunque applicata ma sarà anche valutata l’opportunità di misure di riduzione dell’operatività e di ricorso ad ulteriori soluzioni.

L’utilizzo dello smart working e delle nuove tecnologie per la comunicazione a tutti i livelli apre, a suo avviso, un nuovo modo di pensare il futuro del mondo del lavoro?

Certamente sì. Siamo stati proiettati dall’oggi al domani in una sorta di lavoro agile “massivo”. Occorre ricordare che sino a poco tempo fa tale modalità di lavoro era vista più come un mezzo per tentare di conciliare vita lavorativa con vita familiare che come una vera e propria evoluzione della modalità e dell’organizzazione del lavoro. Peraltro, anche su questa materia il nostro Settore si è dimostrato lungimirante ed anticipatore, disciplinandola in modo chiaro in occasione del recente rinnovo contrattuale. È stata, dunque, la più ampia prova generale “obbligata” di lavoro agile in tutto il mondo e in tutti i settori: basta guardare al grande lavoro svolto nel mondo della scuola, dove personale scolastico e alunni, inclusi i più piccoli, si sono rimboccati le maniche e hanno dato il via al più grande esperimento d’insegnamento non in presenza.

Come vede il futuro per il lavoro e per il Paese?

Devo dire che in questo momento più che al futuro dobbiamo guardare al presente, giorno per giorno. Questo non significa che non dobbiamo utilizzare questa tragica circostanza per ripensare tutto il sistema Paese, dalle infrastrutture alla sanità, dal lavoro – che non può essere precario o a tempo, fatto di partite iva e del divario garantiti non garantiti – alla scuola, al turismo ed alla cultura.

Bisogna riportare in primo piano i settori strategici del Paese e i sistemi di welfare e sanità devono essere garantiti e adeguati. Non ci può più essere spazio per tutto ciò che abbiamo visto accadere in questi drammatici giorni, con un sistema sanitario in collasso e con la necessità di riconvertire imprese per la produzione di mascherine e ventilatori polmonari. Il Paese deve cogliere con immediatezza, oggi e non domani, tutte le opportunità per rimettere in piedi l’Italia e pensare al futuro dei nostri concittadini.

Posso essere sembrato un po’ pessimista, ma è a causa delle tante incertezze che ci accompagnano in questi tristissimi giorni.

Se tutti insieme – cittadini, lavoratori, esperti, parti sociali, decisori politici – stringeremo un grande patto per il futuro sarà possibile pensare e realizzare un new deal che consenta di rispettare il nostro pianeta, vivere a misura d’uomo, riappropriarci di tutto quello che negli ultimi decenni abbiamo lasciato sul campo in vista di maggior profitto, redditività, individualismo.

Lavoriamo quindi oggi un futuro più equo e a misura d’uomo, dove le disuguaglianze siano l’eccezione, in cui vivere come persone a tutto tondo e non come semiautomi in continua lotta contro il tempo e per arrivare alla “fine del mese”.

Bianca Desideri