Uno degli effetti immediati del propagarsi del virus Covid-19 e dei conseguenti provvedimenti normativi che hanno imposto la chiusura di attività commerciali, scuole e università, è stata la richiesta di pareri legali volti ad illustrare le conseguenze del c.d. lockdown sui rapporti di locazione aventi ad oggetto tanto i locali commerciali, quanto gli appartamenti ad uso abitativo destinati ad uso transitorio per studenti universitari.
In particolare, tanto sul fronte proprietari/locatori, quanto su quello dei commercianti e studenti/conduttori il quesito principale riguarda l’obbligazione del pagamento del canone, e se questa possa ritenersi permanere anche in tale periodo, sebbene vi sia, da un lato, l’impossibilità temporanea di godere pienamente dei locali commerciali forzosamente chiusi, e dall’altro l’inutilità/impossibilità di abitare l’appartamento da parte di studenti, magari fuori sede, a causa dell’interruzione dei corsi universitari.
Per entrambe le tipologie di locazioni si può registrare la pubblicazione di una notevolissima mole di interventi su stampa, riviste specializzate e siti internet, anche di pregevole rilievo sul piano della dottrina giuridica, che hanno impegnato i professionisti sulla vicenda.
Caratteristica comune, tuttavia, è l’impossibilità di fornire risposte pienamente soddisfacenti sulla base della astratta applicazione degli istituti giuridici di carattere generale (risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta, eccezione di inadempimento, impossibilita totale o parziale all’adempimento, temporale o definitiva, ecc.) senza poterli riferire alle specifiche vicende di singoli casi concreti riguardanti le precipue caratteristiche di un determinato rapporto contrattuale tra quel determinato locatore ed il suo conduttore.
Tanto che la gran parte degli interventi sopra citati si conclude con una sollecitazione agli interessati, neppure tanto celata, ad intraprendere la strada della mediazione, con l’apposito procedimento (obbligatorio ratione materiae) volto alla risoluzione conciliativa della controversia.
Su queste premesse si può ragionevolmente prevedere che al venir meno delle fasi di stretta emergenza si aprirà quella di tipo contenzioso tra proprietari ed inquilini, che ragionevolmente porterà ad un consistente numero di controversie in tutte le sedi giudiziarie italiane.
Tuttavia, almeno per quanto riguarda le locazioni ad uso transitorio, sembra difficile ipotizzare che l’interruzione dei corsi universitari si possa legittimamente invocare per sostenere che il canone di locazione non sia dovuto, rimanendo l’oggetto del contratto (l’appartamento ad uso abitativo) pienamente fruibile e utilizzabile dal conduttore. Anche qui si potrà, al massimo, concordare con il locatore una soluzione conciliativa volta a contemperare le opposte esigenze delle parti, magri pattuendo una temporanea riduzione del canone per i mesi di sospensione dell’attività di formazione in aula.
Per le locazioni ad uso non abitativo, invece, come sopra accennato, sarà opportuno che la disamina del caso sia preliminarmente volta all’individuazione delle modalità di godimento dell’immobile da parte del conduttore e dell’incidenza dei provvedimenti restrittivi sulla possibile fruizione dei locali. Se infatti molte attività hanno dovuto forzosamente tenere chiuso al pubblico, ciò non necessariamente implica che l’immobile non sia rimasto nella competa disponibilità del conduttore, con il deposito di beni e materiali all’interno, o con una attività molto ridotta rispetto al normale (si pensi al caso dei ristoranti che non possono servire cibi all’interno, ma possono allestire servizi di take away).
In sostanza, il parere giuridico sulla possibilità/legittimità del mancato pagamento dei canoni può avere valore solo se calato nella concreta realtà del caso sottoposto ad esame, rimanendo le teoriche soluzioni spesso poco più di meri esercizi di accademia.
Sul piano normativo, ad oggi, la materia dei contratti di locazione non è stata oggetto se non di alcuni provvedimenti legislativi di portata limitata, che tuttavia non possono se non in minima parte incidere fra le due contrapposte istanze delle parti contrattuali, quali quella dei proprietari di percepire regolarmente i canoni di affitto, da un lato, e quella dei conduttori di evitare il pagamento degli stessi per immobili di cui al momento non si può avere il pieno godimento, dall’altro.
Tornando alle norme, in primis, si segnala che il c.d. Decreto Cura Italia (Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18) all’art. 65 ha previsto, in favore del conduttore, un credito d’imposta per l’anno 2020 pari al 60% del canone di locazione di immobili appartenenti alla categoria catastale C/1 relativo al mese di marzo 2020.
Ciò che presuppone che il canone sia però effettivamente versato, pur se, come accaduto per molte attività commerciali, il mese di marzo sarà ricordato per la totale chiusura e per l’azzeramento degli incassi. A parere dello scrivente un credito d’imposta da utilizzare nelle dichiarazioni fiscali dell’anno successivo non risolve nessuno dei problemi dei conduttori
Sul piano fiscale poi va ricordato che l’art. 19 del D.L. n. 133/2014 già prevedeva che la registrazione dell’atto con il quale le parti concordano una riduzione del canone di locazione in corso non è assoggettato ad imposta di registro, né al bollo.
Le parti possono quindi liberamente accordarsi per una riduzione del canone di locazione, per un periodo limitato o per l’intera residua durata del contratto, semplicemente sottoscrivendo un nuovo accordo novativo, cui la registrazione, non obbligatoria, servirà comunque ad attribuire la certezza della data e quindi della effettiva decorrenza del canone così modificato.
Di ben più espressa portata, invece, è l’art. 91 del D.L. n. 18/2020 (c.d. Cura Italia), che prevede che “Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c. della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Sostanzialmente, quindi, la norma imporrà ai giudici che saranno a chiamati a valutare una controversia sul mancato versamento dei canoni se ed in quale misura l’inadempimento sia concretamente ed effettivamente addebitabile al conduttore moroso. La specifica indicazione “è sempre valutato” impone quindi che il giudice non possa limitarsi alla constatazione del mero dato formale dell’avvenuto pagamento o meno, ma dovrà necessariamente spingersi alla disamina delle concrete ragioni che hanno determinato l’inadempimento.
La norma in esame non è per la verità particolarmente innovativa, essendo il principio sotteso già presente nell’ordinamento e quindi già concretamente applicabile. Ciò che risulta rilevante, invece, è la ratio di fondo, in un contesto emergenziale, che vuole evitare alle parti obbligate conseguenze ancora più nefaste a fronte di una estrema difficoltà (e spesso impossibilità) di poter pienamente adempiere alle obbligazioni contrattuali.
In conclusione non si può non concordare sulla auspicata tendenza alla ricerca di soluzioni conciliative tra locatori e conduttori, avendo però ben presente che un effetto ragionevolmente certo ed a lungo temine dell’epidemia sarà un considerevole incremento dei contenziosi giudiziari in materia di locazioni.
Massimo degli Esposti