INCOSTITUZIONALI!!

Corte Costituzionale

Ovvero dell’incostituzionalità e dell’inutilità sociale delle modifiche dell’Art. 18

La misura è colma! Si potrebbe dire con educazione smisurata, certo che la misura è proprio colma ed oltre non si dovrebbe nemmeno pensare sia possibile andare, sempre che si abbia quella che viene chiamata a buona ragione “onestà intellettuale”.

Mi riferisco a quell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che nel 1970 permetteva alla nostra Costituzione di non essere solo una buona e bella lettura ma un dettato che avrebbe trovato applicazione e risposte nel campo del diritto del lavoro e aggiungo nella società civile.

Poi arrivò uno dei primi governi, per così dire, ultraliberali che, per compiacere gli industriali più agguerriti, provò ad attuare la cancellazione dell’odiato articolo 18. Il tentativo fu bloccato sul nascere da Cofferati, all’epoca segretario generale confederale, assieme a tre milioni di italiani che a Roma diedero vita ad una delle più imponenti manifestazioni che ancora oggi si ricordano in questo nostro stanco e sbracato paese. Mai visto un governo pedalare così all’indietro e quasi ammettere che “aveva sol scherzato!”.

Poi però arrivò la crisi economica e con essa una lettera indirizzata dall’Europa all’Italia, a firma Trichet & Draghi, che chiedeva la “testa” dell’articolo 18 e la conseguente introduzione della precarietà, della flessibilità e quindi della schiavitù.

Il governo Monti, chiamato per salvare il Paese dei ricchi e quanto di peggio poteva mostrare il capitalismo e le sue regole del gioco, non ha battuto ciglio ed anzi incaricò la Fornero di portare a termine “l’ingrato compito”. Come ricorderete la Fornero pianse per i pensionati e rimase impassibile per la cancellazione del cuore del diritto del lavoro, l’articolo 18 non c’era più e da allora i padroni se vogliono licenziano anche senza giusta causa o giustificato motivo mentre i lavoratori non possono che rispondere sempre con un solo triste “agli ordini” e facendo attenzione a non esprimersi mai.

Poi però arrivò Renzi che introdusse col suo Jobs Act ancora più precarietà e mantenne la cancellazione dell’articolo 18, sostenendo che il diabolico mix avrebbe aumentato le assunzioni e migliorato il lavoro. Ovviamente, come suo solito, Renzi non la raccontava giusta e la prova provata si palesò davanti agli occhi di tutti quando la disoccupazione giovanile, come la precarietà, risultarono essere gli unici due dati in crescita.

Poi arrivò il governo Salvini – Di Maio, dove il primo aveva garantito al suo elettorato che l’articolo 18 avrebbe continuato nel solco “fornericorenziano” a risultare desaparecidos, mentre il secondo aveva garantito al popolo pentastellato che sarebbe stato ripristinato come nel 1970 Gino Giugni lo scrisse.

Inutile ricordare che prevalse la promessa “salvinica” e che la Monti/Fornero/Renzi/ Trichet/Draghi avrebbe continuato a imperversare togliendo libertà e diritti ai lavoratori del belpaese.

Poi arrivò Conte, Zingaretti e la pandemia con ulteriore buona pace per l’articolo 18 che nessuno più si voleva filare anche perché nel frattempo la Confindustria, presieduta da Bonomi, voleva spingersi oltre mettendo in pericolo addirittura l’esistenza dei contratti nazionali.

E poi per concludere questa nostra piccola cronistoria arriva su un cavallo bianco un bellissimo principe dal nome altisonante di “Corte Costituzionale” che davanti al Colosseo pronuncia una dura condanna dapprima per il Jobs Act di Renziana memoria e successivamente anche per l’articolo 18 massacrato dalla Fornero.

In entrambe i casi gli interventi sull’articolo 18 verranno giudicati INCOSTITUZIONALI e ciò significa che in tutti questi tanti anni abbiamo dovuto convivere con leggi che non solo non avrebbero POTUTO esserci ma che hanno fatto del male a tante famiglie, a tante donne, a tanti uomini ma, soprattutto,  a tanti giovani introducendo una sottile e silenziosa ma pesantissima forma di schiavitù, dove la persona si  è vista inibita ad esprimere il proprio pensiero nel luogo di lavoro pena…il licenziamento!

Ora visto che le modifiche all’articolo 18 e le sue conseguenze sono risultate:

  • Incostituzionali
  • Non portatrici di nuovi posti di lavoro
  • Portatrici di maggiore disoccupazione
  • Non portatrici di nuovi investimenti di capitali stranieri o nostrani
  • Portatrici di maggiore precarietà
  • Devastanti per la libertà di pensiero dei lavoratori

sarebbe giusto, intelligente e necessario ammettere che l’articolo 18 così come era stato formulato nella legge 300 del 1970 e cioè “lo statuto dei lavoratori” debba essere ripristinato al più presto.

Si tratta di una dimostrazione di civiltà e di rispetto per chi ogni giorno deve lavorare mettendosi al servizio sicuramente della propria azienda ma altrettanto sicuramente di tutti noi e quindi della società.

Si faccia avanti chi…deve!

Joseph Fremder