PNRR e parità di genere: un’occasione mancata?

750 miliardi di euro, questo l’importo complessivo del Fondo per la Ripresa (Next Generation EU) che si prefigge l’obiettivo di far uscire l’Europa dalla pandemia di Covid-19 rendendola più ecologica, digitale e resiliente. Gran parte di questo fondo è destinato agli ormai famosi PNRR dei singoli Paesi europei. Per l’attuazione del suo l’Italia riceverà, tra prestiti e sovvenzioni, 191,5 miliardi di euro.

Per la realizzazione dei piani a livello europeo sono stati condivisi tre assi strategici: “Digitalizzazione e Innovazione”, “Transizione Ecologica”, “Inclusione Sociale” e sono state stabilite tre priorità trasversali: “Promuovere la parità di genere”, “Ridurre le disparità generazionali”, “Favorire il riequilibrio dei divari territoriali”.

Il nostro Paese è chiamato a realizzare importanti cambiamenti atti alla riduzione del gap di genere, attualmente tra i più evidenti all’interno dell’UE. Ma sarà possibile destinando solo l’1,6% dell’importo totale a interventi diretti a tale scopo, rappresentati da 5 sottomisure previste all’interno nelle missioni 4, 5 e 6 su un totale di 157 sottomisure?

Le misure indirette e non classificabili quale impatto avranno? L’obiettivo dell’incremento del 4% del tasso di occupazione femminile sarà stabile nel tempo? Sarà soprattutto possibile misurare l’impatto di genere delle misure indirette (24 per un totale di 35,4 mld di euro) in assenza di un sistema di indicatori di valutazione ex ante e di verifica ex post? Le commissioni che dovranno valutare le richieste di finanziamento saranno eque per genere?

Nell’ambito della missione “Istruzione e Ricerca” (la n. 4) è prevista una quota del 40% di assunzioni a tempo determinato riservata a ricercatrici, con la creazione, a tal fine, di banche dati di curricula femminili e misure di orientamento finalizzate ad aumentare il numero di donne nelle professioni tecniche e scientifiche. E’ previsto anche un piano asili nido con un investimento di 4,5 miliardi di euro e la diffusione del tempo pieno a scuola con la presenza del servizio mensa e delle attività sportive.

Nella missione “Inclusione e coesione” (la n. 5) troviamo l’istituzione del “Fondo Impresa Donna”, 400 milioni per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile: si stimano almeno 700 nuove imprese entro il 2023, 2400 entro il 2026. La definizione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere (nell’ottica di riduzione del gender pay gap) i cui criteri di valutazione si basano tra l’altro sulla crescita delle opportunità per le donne all’interno dell’impresa, sull’uguaglianza delle remunerazioni, sulla tutela della maternità.

Nella missione “Salute” (la n. 6) è previsto infine il rafforzamento del supporto all’assistenza domiciliare con lo scopo di ridurre l’onere delle attività di cura, fornite in famiglia quasi esclusivamente dalle donne.

Si comprende la marginalità di tali interventi a fronte invece di azioni significative nella transizione verde e digitale (missioni 1 e 2), settori in cui la presenza femminile è molto bassa. Eppure, il fatto dimostrato da più studi che per ogni donna che inizia a lavorare si creano due ulteriori posti di lavoro (quelli di altre due persone retribuite per i lavori di cura svolti dalla donna senza retribuzione), con conseguente impatto positivo sulla crescita del Paese, non andrebbe ignorato.

Maria Cristina Bartoloni, Paola Marrapodi

Coordinamento Nazionale UNISIN Donne & Pari Opportunità

in collaborazione con Professione Bancario