Il mondo delle erbe: l’Anice

Sotto questo nome generico di anice si raggruppano tutte le piante che sono accomunate dallo stesso aroma.

Si suppone che siano arrivate tutte dall’Oriente in tempi remoti e, da secoli, ne vengono utilizzati i semi o i piccoli frutti, essiccati e/o eventualmente pestati.

L’anice verde – Pimpinella Anisum L. – è una pianta annuale, glabra, a fusto semplice, eretto, alto fino a 50 cm che emana un forte odore di “anice”.

Essa, insieme all’anice stellato, è tipica della cucina dell’estremo Oriente ed è una dei componenti della miscela nota come “le 5 spezie cinesi”: anice verde, anice stellato, chiodi di garofano, semi di finocchio e cassia. Le foglie dell’anice verde sono alla base tondeggianti e a forma di cuore, con margine leggermente dentato; quelle del fusto sono molto varie.

L’infiorescenza è formata da ombrelle con o senza brattee, composte da sette – quindici peduncoli, leggermente pubescenti che sostengono dei piccoli petali bianchi. Il frutto, lungo 3 – 5 mm., è formato da due acheni ovoidali coperti di peli setolosi e rigidi.

Difficile da trovare allo stato selvatico nella nostra penisola; talvolta si trova spontaneamente in qualche luogo sfuggita alle coltivazioni e naturalizzata.

È largamente coltivata in Sicilia e in Puglia per la raccolta dei semi.

È facilmente coltivabile in giardino. I semi per la riproduzione delle piante devono essere conservati durante l’inverno e mescolati a sabbia umida, perché seccandosi perdono le capacità germinative.

I frutti, chiamati impropriamente semi, si raccolgono a maturità in luglio – agosto recidendo tutta la pianta. Le piante recise si pongono ad essiccare all’ombra, in mazzetti o in strati sottili.

Quando sono ben secche, si battono su un telo per separare i frutti dagli elementi estranei. Essi si conservano in vasi di vetro. I nomi locali dell’anice sono: anis o anexi (Liguria), anesi (Veneto), anes o and’sein (Emilia), anise (Puglia), anisu (Sicilia), aniciu o matagaluga (Sardegna).

L’anice ha proprietà aromatiche, aperitive, digestive e antispasmodiche. Principi attivi: resine e soprattutto un olio essenziale contenente, tra l’altro, una sostanza detta anetolo. L’anice verde è una pianta che trova larghissimo impiego per le sue contemporanee proprietà aromatiche e salutari.

Come correttivo del sapore e dell’odore a seguito del suo aroma gradevole e dolciastro, l’anice verde è usato in pasticceria, in liquoristica e nei preparati medicinali contenenti sostanze amare e di odore sgradevole.

ln opportune dosi è utile per stimolare l’appetito, facilitare la digestione, favorire l’eliminazione di gas intestinali dovuti a fenomeni fermentativi, esercitando contemporaneamente un’azione antisettica sul tubo digerente. È molto efficace contro l’aerofagia.

L’anice ha inoltre virtù antispasmodiche contro i crampi intestinali e sedative nel caso di insonnia ed eccitazione nervosa.

Tradizionalmente vengono attribuite all’anice le proprietà di stimolare la secrezione lattea e di regolarizzare il ciclo mestruale. L’anice, per il suo aroma, era una pianta gradita a Egiziani e Romani.

Già nell’antico Egitto i semini dell’anice venivano usati per insaporire i cibi e per produrre profumi.

I Romani li impiegavano poi come uno degli ingredienti essenziali di quei dolcetti che venivano offerti tradizionalmente alla fine di abbondanti pranzi per favorire la digestione.

Il suo dolce aroma è facilmente individuabile in canditi e dolcetti, ma si fa spesso sentire anche nei medicinali, soprattutto in sciroppi e pastiglie per la tosse.

Il suo uso in cucina oggi è piuttosto limitato in confronto al largo impiego che se ne faceva in passato.

Molto presto si scoprirono anche le proprietà officinali. I Greci la usavano per prevenire le apoplessie e per combattere il raffreddore. Non a caso nell’antica Grecia si era diffusa una credenza secondo la quale chi si addormentava dopo aver bevuto un po’ d’anice era certo di fare “dolci” sogni per tutta la notte.

Plinio raccomandava di bere vino aromatizzato con anice in caso di puntura di scorpione.

Nel Medio Evo era consigliato nei casi di cefalea, asma e bronchite. In Inghilterra, ai primi del Trecento, era così popolare, che il Re Edoardo I decise di imporre una tassa sulla compravendita di questa erba, al fine di reperire i soldi necessari per riparare il ponte di Londra. Secoli più tardi, il Re Sole, che sembra non potesse resistere al suo inconfondibile aroma, ne ordinò la coltivazione nei giardini di Versailles.

Oggi l’anice è un po’ passato di moda, anche se rientra sempre in varie ricette, soprattutto come aromatizzante per insaporire dolci e creme. Possiamo però dire, a grandi linee, che esso viene usato per dare gusto in cucina, specie nei Paesi del Nord Europa, a carni di pollo, di maiale e di coniglio accompagnando verdure e formaggi.

In Toscana, nella zona del Monte Amiata, è presente in un prodotto tipico: i biscotti salati all’anice; a Forlì, in Romagna, in occasione della festa della Madonna del Fuoco, patrona della città, si prepara tradizionalmente una piadina dolce aromatizzata con i semi di anice, chiamata appunto “piadina o pane della Madonna del Fuoco”.

Numerosi sono i liquori a base di anice: I’Assenzio diffuso in tutta l’Europa; in Italia troviamo l’Anicetta della Sila, la Sambuca, il Tutone e il Mistrà; il Pastis in Francia, il Raki in Turchia, l’Ouzo in Grecia, per citarne solo alcuni dei più famosi. Per l’Anisetta si impiega l’anice verde; nella Sambuca e nel Pastis trova impiego l’anice stellato. In Italia si usano consumare a fine pasto o nella correzione del caffè.

Ciro Luciano

 

Confronti e Intese n. 325, ottobre-dicembre2019 – Da “Il mondo delle erbe” allegato a “Confronti e Intese” n. 336 novembre-dicembre 2021