Sarebbe bello se improvvisamente una mattina ci svegliassimo potendo constatare che in tutte le parti del mondo non esistono più discriminazioni di genere.
Un sogno che difficilmente si potrà avverare e che resta, purtroppo, per ora almeno, solo un sogno perché le disparità e le discriminazioni sono così diffuse nel mondo, anche nei Paesi economicamente più evoluti e persino tra quelli del G8, che sembra impossibile superarle.
Il 18 settembre di ogni anno si celebra l’International equal pay day, la Giornata internazionale per la parità retributiva, istituita dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 2020 con lo scopo di sottolineare l’importanza di avere un’equa retribuzione del lavoro tra donne e uomini per il raggiungimento del generale obiettivo della parità di genere.
Il gender pay gap, o per utilizzare la nostra lingua, il divario retributivo di genere, rappresenta la differenza media di retribuzione lorda oraria tra donne e uomini. Un divario che, purtroppo, continua a persistere e che riflette quelli che sono una serie di fattori quali: discriminazioni dirette e indirette sul luogo di lavoro; modelli lavorativi ormai obsoleti; segregazione occupazionale che consiste in un mancato equilibrio nella distribuzione della forza lavoro femminile tra i diversi settori produttivi; pregiudizi di genere; difficoltà nella conciliazione tra lavoro e vita privata; ore di lavoro non retribuito; pregiudizi culturali, storici e sociali; disparità nell’accesso a posizioni lavorative ben retribuite; differenze di carriera; ostacoli nel raggiungimento di incarichi apicali.
Molti progressi nel corso dei decenni sono stati compiuti ma molto resta ancora da fare perché le donne possano raggiungere un’effettiva parità retributiva a parità di posizione lavorativa.
Va ricordato che quello della parità di genere costituisce un obiettivo primario per l’Unione Europea. Il 5 marzo 2020 la Commissione europea ha presentato la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni titolata “Un’Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025” nella quale evidenziava che “l’Unione europea è un leader mondiale nell’uguaglianza di genere: 14 dei primi 20 Paesi al mondo in materia di uguaglianza di genere sono Stati membri dell’UE. Grazie a una solida legislazione e giurisprudenza in materia di parità di trattamento, agli sforzi per integrare la prospettiva di genere in diverse aree politiche e alle leggi per affrontare particolari disuguaglianze, l’UE ha compiuto progressi significativi in materia di uguaglianza di genere negli ultimi decenni” e sottolineava ancora “il divario di genere si sta colmando nel campo dell’istruzione, ma è ancora presente nel mondo del lavoro e a livello di retribuzioni, assistenza, poteri e pensioni”. La comunicazione sottolineava anche che “l’aumento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro ha un forte impatto positivo sull’economia, soprattutto a fronte di una riduzione della forza lavoro e di una carenza di competenze. È inoltre un mezzo che consente alle donne di plasmare la loro vita, svolgere un ruolo nella vita pubblica ed essere economicamente indipendenti”.
La comunicazione rilevava fra l’altro già nel 2020 che il gender pay gap era un problema da affrontare e combattere anche considerando lo scenario futuro in cui il divario salariale si trasformerà per molte donne in un divario pensionistico di genere.
E’ necessario un vero e proprio cambio culturale e vanno messe in atto in ogni settore azioni concrete e continue per rimuovere gli ostacoli affinché possa essere raggiunta la parità salariale e con essa gli obiettivi previsti dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Nel nostro Paese la contrattazione collettiva nazionale e la contrattazione di secondo livello garantiscono gli stessi diritti e le stesse opportunità, ma è nel percorso lavorativo e di vita che si generano le penalizzazioni.
Il divario salariale di genere, inoltre, può generare anche demotivazione e cali di produttività nelle lavoratrici ed alimentare conflittualità nell’ambito lavorativo, mentre la parità di genere è una leva fondamentale per la crescita delle imprese.
Ma come favorire la parità e superare il gender pay gap? Una ricetta unica non esiste ma possono essere messe in campo politiche che puntino alla trasparenza salariale, incentivino l’occupazione femminile, forniscano soluzioni per la conciliazione tempi di lavoro e di vita, creino nuove competenze, generino maggiore inclusione, ecc.
UNISIN/CONFSAL è particolarmente attenta alle politiche di genere e si impegna ad ogni livello per il raggiungimento della parità di genere e per la parità salariale.
Bianca Desideri
Direttore responsabile Professione Bancario