Il Giubileo dei Giovani: un mese dopo, le radici di un futuro che germoglia

Giubileo dei giovani
Il Giubileo dei Giovani: un mese dopo, le radici di un futuro che germoglia

La polvere sollevata dai passi di oltre un milione di giovani che hanno invaso Roma si è posata. Le bandiere sventolate con fervore, i canti che hanno echeggiato per le strade, per le metropolitane, sugli autobus e il silenzio riverente della veglia al Circo Massimo sono ormai un ricordo impresso nella memoria. È passato un mese dal Giubileo dei Giovani, ma il suo messaggio, lontano dallo svanire, sembra aver messo radici profonde nel tessuto di una generazione in cerca di significato e di identità.

Il Giubileo non è stato solo un evento di massa, ma un crocevia di storie, speranze e, a tratti, di dubbi. I giovani sono arrivati da ogni angolo del mondo, portando con sé la diversità delle loro culture e la comune sete di spiritualità. Non si è trattato di una semplice celebrazione religiosa, ma di un’esperienza che ha combinato l’eccezionalità di una festa con la profondità di un pellegrinaggio.

Alcuni giovani intervistati da vari giornali hanno affermato che si aspettavo qualcosa di grandioso, ma non così toccante perchè vedere ragazzi di Paesi diversi, con lingue diverse, che si aiutavano, ridevano e pregavano insieme, è stato un messaggio di unità che supera ogni confine.

Il messaggio centrale del Giubileo, focalizzato sul concetto di “pellegrini di speranza”, ha risuonato con forza. In un’epoca segnata da conflitti globali, crisi ambientali e incertezze economiche, l’invito a non arrendersi e ad essere costruttori attivi del futuro è stato accolto con un entusiasmo tangibile. Papa Leone XIV, con la sua consueta franchezza, ha parlato ai giovani non come a un’audience passiva, ma come a una forza motrice, esortandoli a sporcarsi le mani per un mondo migliore.

Un aspetto cruciale è stato il dialogo. Le catechesi, gli incontri con testimoni di fede e le sessioni di confessione non sono stati visti come obblighi, ma come opportunità di confronto. Nelle tende allestite in tutta la città, si sono tenute conversazioni oneste su temi come la fede, l’impegno sociale, la giustizia e l’ambiente. Questa apertura ha svelato una Chiesa che non ha paura di confrontarsi con le domande difficili della contemporaneità.

A un mese di distanza, gli effetti di questo evento si misurano non in numeri, ma in azioni. Molti dei partecipanti sono tornati a casa con la ferma intenzione di tradurre l’esperienza vissuta in un impegno concreto. Parrocchie, associazioni e gruppi giovanili stanno riportando un rinnovato dinamismo, con un aumento delle attività di volontariato e una maggiore partecipazione alle iniziative comunitarie.

Altre testimonianze raccolte qua e là su vari siti di informazione online riportano che molti giovani prima del Giubileo si sentivano un po’ persi, come se la loro fede fosse qualcosa di privato. Ora invece hanno realizzato che la fede è comunità, è azione. Infatti in divese parrocchie si stanno organizzando attività per aiutare le persone anziane sui territori. Non è un grande gesto, ma è un inizio, un buon inizio.

Il Giubileo dei Giovani non è stato un punto di arrivo, ma una tappa fondamentale. La sua eredità più importante non risiede negli eventi memorabili, ma nel seme di speranza che è stato piantato nel cuore di milioni di giovani. Un seme che, se curato, potrebbe fiorire in un futuro di maggiore solidarietà e impegno. L’appuntamento è per il 3 agosto 2027 a Seul dove la Chiesa coraggiosamente vuole celebrare la Giornata Mondiale dei Giovani in una terra che non è a maggioranza cattolica, ma che pensiamo sia un segnale, un tentativo di forte evangelizzazione. Ma il vero Giubileo, quello della vita di tutti i giorni, è già iniziato da un mese.

Alessio Storace