
L’argomento mobbing sembra essere passato di moda. In passato era un tema molto attuale, tanto che vi furono dedicati convegni, dibattiti e pubblicazioni per definirne le dinamiche e individuare le contromisure a tutela dei lavoratori. Sembrava che una protezione importante fosse stata aggiunta al lavoro dipendente, al punto che molti lavoratori si sentivano incoraggiati a denunciare situazioni di malessere legate all’attività lavorativa.
Tuttavia, il legislatore italiano, nonostante alcune proposte di legge, ha ritenuto che il mobbing non fosse un fenomeno tale da richiedere una normativa specifica. Si è ritenuto sufficiente l’articolo 2087 del Codice Civile, che impone al datore di lavoro l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. Di conseguenza, non è stata introdotta alcuna norma specifica in grado di definire e circoscrivere il mobbing, fornendo chiare indicazioni alla giurisprudenza e alle organizzazioni sindacali. In questo modo, i lavoratori si trovano di fatto indifesi davanti a situazioni persecutorie. Spesso, i confini tra gli obblighi contrattuali del lavoratore e le esigenze aziendali vengono superati a discapito delle personalità più fragili. Turni di lavoro massacranti, orari impossibili, richiami frequenti da parte dei superiori, paura delle responsabilità, sensazione di impotenza e isolamento possono configurare situazioni di mobbing? Senza una norma specifica, la risposta a queste domande è affidata alla valutazione del singolo magistrato, che dovrà decidere caso per caso, spesso intervenendo solo quando la situazione è già divenuta insostenibile per il lavoratore.
Non è raro che ritmi e responsabilità lavorative eccessive abbiano un impatto deleterio, a volte tragico, su personalità deboli e indifese, incapaci di sopportare le pressioni dei superiori. Purtroppo, nel nostro Paese non mancano esempi di lavoratori sottoposti a forti pressioni psicologiche e lavorative, che hanno portato a esiti drammatici. Il settore sanitario è tra i più colpiti: la cronaca riporta frequentemente episodi di aggressioni al personale sanitario, dovute alla esasperazione per le lunghe attese nei reparti di pronto soccorso e dalla carenza di personale, più volte denunciata dai sindacati. Di conseguenza, gli operatori sono costretti a turni estenuanti, con ripercussioni negative non solo sulla qualità dell’assistenza, ma anche sulla loro salute fisica e mentale, e, aspetto tutt’altro che secondario, su quella dei pazienti.
Un caso emblematico è quello di Sara Pedri, giovane ginecologa ospedaliera che dopo essersi dimessa, è scomparsa nel nulla e purtroppo mai ritrovata. Secondo una perizia psicologica è stata proprio vittima di mobbing ovvero di comportamenti vessatori frequenti e costanti. Le situazioni di stress e di disagio che vengono segnalate in tanti ambienti di lavoro emergono quando ormai è troppo tardi e in molti casi i lavoratori, privi di un sostegno sindacale e giuridico, sono lasciati in balia degli eventi, con conseguenze spesso dolorose.
A differenza dell’Italia, in Francia il fenomeno del mobbing è riconosciuto e regolamentato dalla normativa nazionale sotto il termine “harcèlement moral“. Il Codice del Lavoro francese definisce questa condotta come un insieme di “comportamenti ripetuti che hanno l’obiettivo o l’effetto di deteriorare le condizioni di lavoro del dipendente, ledendone i diritti e la dignità, compromettendone la salute fisica o mentale o il futuro professionale“. Tale tutela si applica a tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto, e impone al datore di lavoro l’obbligo di prevenire tali comportamenti, garantendo sicurezza e salute. In caso di segnalazioni, il responsabile aziendale è tenuto ad avviare un’indagine interna per verificare i fatti e adottare le misure necessarie per proteggere la vittima. Questa possibilità, se fosse data anche ai lavoratori italiani, potrebbe già rappresentare un aiuto concreto per risolvere situazioni di disagio lavorativo senza dover ricorrere alla giustizia. La normativa francese non si limita a enunciazioni di principio, ma prevede anche pesanti sanzioni, infatti il Codice Penale punisce il mobbing con pene detentive fino a due anni e multe fino a 30.000 euro. Tuttavia, perché si configuri il reato, i comportamenti lesivi devono essere ripetuti nel tempo.
In Italia, invece si naviga a vista e nonostante le disposizioni del Codice Civile e della Costituzione a tutela della dignità del lavoro, i lavoratori possono essere esposti a situazioni vessatorie tali da compromettere la loro salute psicofisica. Sarebbe necessario un intervento legislativo chiaro e mirato, simile a quello francese, per prevenire e sanzionare il mobbing, garantendo ambienti di lavoro sani e rispettosi della sicurezza, della libertà e della dignità umana, come sancito dalla nostra Costituzione.
Enzo Parentela