Sono stati presentati oggi da PD, M5S e AVS emendamenti al testo della manovra finanziaria promossi da Greenpeace Italia, che prevedono, per l’anno 2026, un contributo straordinario di solidarietà temporaneo a carico delle imprese del settore militare e fossile, in considerazione della eccezionale redditività registrata negli ultimi anni dai due comparti. Applicando un’aliquota del 50% sugli extra profitti maturati nel 2025 dai due comparti – rispetto alla media degli utili del quadriennio 2018-2021 -, il gettito atteso si attesta tra i 3 e i 4,25 miliardi di euro da destinare al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e di un apposito “Fondo per la transizione climatica, la prevenzione del dissesto idrogeologico e la sicurezza energetica dei consumatori”.
«Dopo anni di profitti facili ai danni delle persone e dell’ambiente, l’industria militare deve restituire alla collettività parte dei maggiori utili che ha incassato grazie all’aumento globale della spesa militare, scatenato dalla guerra in Ucraina e dall’aggravarsi delle crisi internazionali. Chiediamo inoltre che le aziende del petrolio e del gas, le maggiori responsabili del cambiamento climatico, inizino a pagare per i danni che stanno causando», dichiarano Sofia Basso e Simona Abbate, rispettivamente della campagna Pace e della campagna Clima di Greenpeace Italia. «L’aumento del prezzo del gas dopo l’invasione russa dell’Ucraina ha portato le nostre bollette e i loro profitti a livelli record, profitti realizzati alimentando le alluvioni, la siccità e le ondate di calore che colpiscono sempre più di frequente anche il nostro Paese. È tempo che quei soldi siano impiegati dove servono davvero, ovvero per ridurre il sottofinanziamento cronico del sistema sanitario e della transizione ecologica».
Secondo le stime del nuovo rapporto di Greenpeace “Profitti di guerra 2024” pubblicato oggi, dal 2021 al 2024, le prime 15 aziende italiane produttrici di armi hanno raddoppiato i propri utili (+97%), per un totale di 876 milioni di euro di maggiori profitti. Buona parte della crescita si è registrata nel 2024, con utili che, a livello complessivo, sono saliti del 61% rispetto al 2023, per un totale di circa 672 milioni di euro. Il 2025 si annuncia ancora più redditizio per il comparto: la sola Leonardo nei primi nove mesi del 2025 ha registrato risultati in netto aumento rispetto allo stesso periodo del 2024, con ordini saliti a 18,1 miliardi di euro (+24,3%) e ricavi cresciuti fino a 13,4 miliardi di euro (+12,4%). Anche il risultato netto ordinario è in forte crescita, passando da 364 a 466 milioni di euro (+28%).
La guerra in Ucraina e il conseguente aumento del prezzo dell’energia hanno portato profitti enormi anche al comparto del petrolio e del gas. La sola ENI nel 2022 ha fatto utili pari a 20,4 miliardi di euro, con incassi che si sono mantenuti alti anche negli anni successivi. La stessa ENI ha dichiarato che il principale motore della performance sono situazioni di mercato collegate al nuovo contesto di volatilità seguito al conflitto russo-ucraino. Un fattore esogeno, quindi, che avvantaggerebbe finanziariamente ENI ricadendo sulle spalle dei cittadini e che andrebbe pertanto colpito con una tassa. Gli extra-profitti di ENI sono così alti che l’azienda continua a riacquistare azioni proprie, un “regalo” agli azionisti invece di investire in rinnovabili.
Il CEO Claudio Descalzi ha definito “eccellenti” i risultati del terzo trimestre 2025 di ENI, legati a un aumento sostenuto della produzione di petrolio e gas: risultati finanziari assolutamente insostenibili dal punto di vista climatico.
Greenpeace chiede a tutte le forze politiche di approvare gli emendamenti sia in sede di Commissione Bilancio del Senato che in Aula, per renderli parte integrante della legge finanziaria.
I testi degli emendamenti saranno disponibili nei prossimi giorni sul sito del Senato.