Sicurezza in rete: ottobre è il mese della cybersecurity

I numeri che il fenomeno della criminalità in rete porta con sé sono impressionanti: 12 vittime al secondo, 1 milione al giorno, 230 mila forme di malware prodotte nel solo 2015, mentre i quattro quinti delle aziende presenti nella Top 500 del ranking mondiale ha subito una violazione dei propri sistemi scoprendola a distanza di 4 o 5 mesi.

Insomma, il problema è davvero delicato, tenendo presenti non solo i miliardi di dollari di danni, quanto i servizi essenziali sistematicamente manomessi e senza possibilità che vi sia un piano di difesa concreto contro i cybercriminali.

Nell’ultimo anno nel continente europeo c’è stato l’aumento esponenziale di attacchi informatici nei confronti di stati sovrani, aziende, gruppi bancari e partiti politici, tant’è che si è finalmente realizzato di doversi dotare di risorse e regole adeguate a limitare i danni di questa speciale attività criminosa. Per tali motivi è stato istituito il mese europeo della Sicurezza Informatica.

Attraverso l’Enisa l’Agenzia Europea per la Sicurezza delle Reti e dell’Informazione e il direttorato DG Connect, la Commissione ha deciso di coinvolgere realtà associative e imprenditoriali per aumentare il livello di consapevolezza di fronte a uno scenario che Bruce Schneier, uno dei massimi esperti al mondo di reti, non esita a definire di cyberwarfare.

L’Italia è protagonista con alcuni eventi di spessore come: il Cybertech Europe a Roma, con la partecipazione di Eugene Kaspersky, fondatore dell’omonima azienda di cybersecurity, leader mondiale del settore; i Security Summit a Verona e a Milano; gli eventi organizzati da Wikipedia e HackinBo a Bologna; l’incontro sul deep web a Macerata.

Ma il tema principale per tutta Europa rimane il cybercrime, nell’ottica della prevenzione e della formazione.

L’urgenza, infatti, appare quella di stanziare massicci investimenti formativi nel campo della sicurezza informatica che vada al di là workshop e contest a premi. Positive in questo senso le iniziative come Project Zero di Google, che offre 200mila dollari a chi scopre le falle di Android facendole diventare patrimonio collettivo, o il Talent Lab di Kaspersky, che mira a formare universitari e professionisti sotto i 30 anni per instradarli in un percorso di coaching, o ancora l’Ibm, che collabora con alcune università italiane, come da tempo già fanno in NTT Data Italia con il distretto di cybersecurity di Cosenza.

Tuttavia, queste rimangono iniziative sporadiche ed estemporanee, che non possono sostituire una specifica offerta universitaria in tutto il paese, da rivolgere a ogni tipo di candidato, anche a donne e studenti lavoratori.

 

Rossella Marchese