Io Robot, per un futuro senza sindacati e senza lavoratori

La proposta di Bill Gates di tassare i robot per renderli meno profittevoli rispetto all’uomo, una sorta di compensazione per il lavoro umano perso, appare come un tentativo di farsi perdonare il “peccato originale”, piuttosto che provenire da un’ispirazione sociale o filosofica. Infatti non possiamo dimenticare che lui è stato uno dei maggiori artefici dello sviluppo di quella intelligenza artificiale, in un contesto digitale sempre più pervasivo ed invasivo, con connotati decisamente monopolistici.

Ma se in questa evoluzione automatizzata si nasconde un pericolo esistenziale per tutta l’umanità (non solo per i lavoratori), può un simile provvedimento porre rimedio, fronteggiare il rischio e debellare il pericolo? Non lo credo, sia perché non tutto ciò che è artificiale è da cassare, sia perché siamo tutti già ben ”condizionati” dalle comodità elettroniche e non ci rinunceremmo volentieri. Tutto sta a considerare e gestire il progresso in maniera ragionevole, si direbbe in maniera sostenibile e compatibile con le necessità, sia individuali che collettive.

Il progresso è veramente tale se porta benefici all’umanità, con la salvaguardia del bene comune e nel rispetto della dignità delle persone. Sono concetti chiari e semplici, che giova ribadire in ogni occasione utile, al fine di non far prendere il sopravvento ad una mentalità consumistica ed orientata esclusivamente al profitto.

Il lavoro deve essere libero, creativo, dignitoso, partecipativo, solidaristico ed equamente retribuito, ovvero umano. Non vorremmo dover assistere ad una inversione dei ruoli, con l’Intelligenza Artificiale che gestisce e organizza il lavoro umano, considerato niente di più di una merce, una fonte di energia meccanica, o semplicemente una macchina.

Le catene di montaggio automatizzate (robotica attiva da almeno 30 anni), i distributori automatici (di benzina, di cibo, bevande e caffè), i bancomat, le casse automatiche nei supermercati, i personal computer negli uffici e nelle abitazioni, di esempi ce ne sono tanti e sono sempre di più i settori coinvolti. Il denominatore comune è rappresentato dal costante calo dei lavoratori coinvolti in tali servizi, a causa della sollecitazione al self service da parte degli utilizzatori, ed alle sempre più diffuse politiche industriali volte a ridurre la forza lavoro, supportate dal progresso della tecnologia.

Certo, ci sarà una maggiore richiesta di ingegneri elettronici, programmatori o semplicemente di manutentori. Ma queste “nuove” professioni non sono in grado di assorbire tutto il surplus di manodopera che esce dal ciclo produttivo, mese dopo mese, anno dopo anno. Le strategie aziendali, in ogni comparto, puntano sulla riduzione degli organici in seguito a proclamati “esuberi del personale”, arrivando all’assurdo di dichiarare in certi casi, che si tratta di esuberi di costo, non di mansione… Evidentemente si cercano delle alternative meno costose rispetto al puro costo del lavoro, per aumentare i profitti destinati agli azionisti.

E allora, per sopravvivere, per non perdere il posto di lavoro, mi reinvento come robot, comincio a muovermi a scatti, con gesti meccanici, non mi sottraggo allo straordinario, accetto logiche cottimistiche, non vado in ferie per paura di non trovare più al ritorno il mio posto di lavoro, vedo il collega come un nemico, non conosco più il significato delle parole: solidarietà, aiuto, sostegno, condivisione. Prevale solo un disvalore: l’egoismo. Non più “l’unione fa la forza” , ma piuttosto “mors tua vita mea”.

Un tale individualismo alla fine rende tutti più deboli e porta alla fine delle relazioni, alla fine del progresso, alla fine della società.

Se le macchine assomigliano agli uomini per sostituirli, l’uomo non può e non deve assomigliare alle macchine per difendersi. Così la battaglia sarebbe persa in partenza.

L’uomo è un animale sociale, che nel gruppo, nella famiglia, ha trovato gli elementi e la forza per il proprio sviluppo ed il proprio benessere, assieme agli altri, mai da solo.

Su questi punti dobbiamo insistere e fare blocco comune, con questi principi solidaristici potremo gestire con serenità le controindicazioni della tecnologia, mettendo a frutto i vantaggi ed i lati positivi della stessa.

Perché fondamentale è, e sarà sempre, la capacità di discernimento e l’assunzione di responsabilità che solo un uomo può avere.

Ricordiamoci che le macchine sono solo strumenti, però utilizzati da alcuni uomini (imprenditori), contro altri uomini (lavoratori). Se non vogliamo arrivare alla società di tecnocrati idealizzata già nel 1814 dal filosofo  Claude-Henry Rouvroy conte di Saint-Simon, dobbiamo valorizzare le nostre qualità, le nostre capacità, i nostri valori, in particolare la nostra ancestrale attitudine a lavorare in gruppo e per il gruppo.

Uno per tutti e tutti per uno!

Roberto Benedetti