Gli U2 celebrano la loro storia a  Vancouver davanti a 50mila persone

Vancouver Skyline with Color Buildings, Blue Sky and Reflections. Vector Illustration. Business Travel and Tourism Concept with Modern Architecture. Image for Presentation Banner Placard and Web Site

Gli U2 celebrano la loro storia e lanciano anche un messaggio all’America di Trump e alla sua politica di esclusione e di nuovi muri. Riparte da Vancouver il viaggio della band di Dublino grazie a The Joshua Tree, l’album capolavoro che trent’anni fa li trasformò in quattro superstar del rock conosciuti in tutto il globo.

Nella loro carriera hanno venduto più di 170 milioni di dischi e ricevuto il maggior numero di Grammy Award per un gruppo, con 22 premi. Nel 2005, appena raggiunto il termine minimo dei 25 anni di carriera, sono stati introdotti nella Rock and Roll Hall of Fame. Fin dagli esordi, la band si è occupata della questione irlandese e del rispetto per i diritti civili, improntando su questi temi anche buona parte della loro attività artistica. Inoltre, gli U2 sono tra i pochi gruppi internazionali a potersi vantare di aver sempre mantenuto la propria formazione originale. Ricomincia da qui, di fronte a 50 mila spettatori riuniti nello stesso stadio, il BC Place, in cui nel 1987 prese il via il primo The Joshua Tree Tour che portò poi gli U2 ad esibirsi anche in Italia, esattamente come succederà il 15 e il 16 luglio prossimi, allo stadio Olimpico di Roma. Niente a che vedere, però, con il palcoscenico essenziale e spoglio di trent’anni fa: in questo concerto dominano le immagini, grazie ad uno schermo gigantesco lungo tutto il palco e alto come un palazzo di cinque piani. L’album “americano” della band irlandese, quello in cui gli U2 facevano il loro primo bagno di blues e che si apriva con la sequenza indimenticabile di Where the street shave no name, I still haven’tfound What I’m looking for e With or without you, è proprio al centro di questo show coinvolgente e trascinante, durato quasi due ore e iniziato con il pezzo più dichiaratamente politico della band, Sunday bloody Sunday.

Si sono così riascoltati brani che mancavano da anni nei live di Bono e compagni, a cominciare da Red Hill Mining Town dedicato alle lotte dei minatori inglesi nell’era Thatcher o One tree hill o Mothers of disappeared dedicato ai desaparecidos argentini mentre sul palco passavano le immagini con le mamme in marcia, insieme alle altre realizzate da Anton Corbijn nel deserto Mojave, con il tipico albero ritratto sull’ormai iconica copertina del disco, al confine messicano, tra immigrati e riferimenti all’America. Alla fine del set di The Joshua Tree , prima di una breve pausa, Bono ha detto scherzando: “grazie per aver ascoltato il nostro nuovo long playing”. Il concerto si è chiuso con una nuova canzone, che si intitola “The Little Things That Give You Away”, mai eseguita prima e che dovrebbe fare parte del prossimo album “Songs of experience”.

Nicola Massaro