Insegnare la lingua dei segni a scuola

A Triste, il prossimo 16 settembre, nel corso del “Festival fin da piccoli“ verrà affrontato il tema dell’inserimento a scuola della lingua dei segni (LIS). In base alle ricerche condotte dall’Università degli Studi di Trieste, “innanzitutto la LIS è una lingua e come tale è fonte inesauribile di cultura, ma più nello specifico perché rinforza i processi di percezione e memoria visiva, impone di mantenere il contatto oculare e favorisce la capacità di concentrazione”, “la sua grammatica, inoltre, si sviluppa non solo sulla componente manuale della lingua, ma anche sull’espressione del volto e sulla posizione della testa, delle spalle e del tronco del segnante.Una peculiarità della lingua che impone un punto di vista fuori dagli schemi e allo stesso tempo una notevole attenzione sulle componenti espressive dell’interlocutore, favorendo così l’empatia”.

Qualora si arrivasse all’inserimento di questo linguaggio nelle scuole primarie, pertanto, oltre agli effetti positivi per favorire l’inserimento e la socializzazione dei non udenti, o dei muti, i benefici sarebbero molteplici anche per i bambini normodotati

In Italia ci sono varie associazioni e cooperative in cui è possibile apprendere la Lingua dei Segni Italiana; esistono corsi di introduzione e approfondimento riguardo alla cultura sorda e grazie ai quali è possibile raggiungere il livello di interprete o di assistente alla comunicazione, ma sarebbe davvero una vittoria di civiltà ed integrazione che questa fosse insegnata nelle scuole sin dalla primaria. Per un bambino nato sordo o con una sordità acquisita nei primi anni di vita – in Italia sono uno su mille ogni anno – apprendere la lingua parlata/scritta è un processo complesso e che richiede anni di terapia logopedica, una precoce protesizzazione ed un lungo e faticoso percorso educativo, per il bimbo e per la sua famiglia.

Molti studi dimostrano che il successo scolastico è maggiore nei ragazzi sordi che acquisiscono la lingua dei segni come prima lingua. Per il bambino sordo, infatti, è fondamentale innanzitutto far propri gli strumenti della comunicazione, per garantire il suo sereno e completo sviluppo socio-affettivo e cognitivo.

Maria Grazia Palmarini