Guerra all’ultimo video tra Facebook e Youtube

La parola “Adpocalypse” è un termine coniato da alcuni giornali e siti di informazione americani che fonde le parole advertising, cioè pubblicità, con apocalypse, ovvero apocalisse; indica un fenomeno che può essere definito come il frutto di una maggiore attenzione rispetto ai contenuti che circolano su Youtube.

A seguito, infatti, di numerosi video caricati sul canale con contenuti giudicati non graditi o immorali, come ad esempio istigazione alla violenza, proselitismo nei confronti del terrorismo et similia, molti media e testate hanno lanciato una vera e propria crociata contro Youtube. La mole immane di contenuti che ogni giorno viene caricata sul canale impedisce un controllo profondo, o anche solo decente, del materiale che circola sulla piattaforma, pertanto i gestori del sito hanno messo a punto un nuovo algoritmo che, attraverso l’identificazione di parole, temi, musiche e suoni contenuti nei filmati, ne cataloga automaticamente il contenuto tra i video buoni, che possono essere trasmessi ovunque e senza restrizioni, e video cattivi, cioè quelli che senza l’obbligo di cancellazione e di intervento delle Forze dell’Ordine per infrazioni alla legge,  non possono essere resi fruibili a tutti.

Questo algoritmo ha innescato, tra l’altro, anche una reazione spropositata di Google, che ha deciso di censurare moltissimi video su canali Youtube anche affermati.

I risultati sono stati diversi e tutti abbastanza pesanti. Gli inserzionisti sono venuti meno con i loro investimenti pubblicitari, temendo di finire in video controversi, mentre i content creator e gli youtuber hanno iniziato a cercare nuovi canali di pubblicazione per i propri contenuti, tra tutti Facebook, che è salito in cattedra grazie ai nuovi sistemi di monetizzazione della piattaforma.

Grazie all’uso di Audience Network, il sistema di Facebook della gestione pubblicitaria, e alla possibilità degli investitori di gestire lei inserzioni anche mediante un acquisto programmato, la pubblicazione dei video su Facebook risulta sempre più appetibile per i creatori di contenuti, mentre Youtube lo è sempre meno.

Nonostante l’algoritmo di Youtube per la censura ai video scomodi sia in costante evoluzione e in continua fase di miglioramento, la sua adozione potrebbe aver dato la spinta decisiva ai videomaker per spostarsi verso altre piattaforme; questa fuga può essere considerata uno dei nuovi fenomeni culturali che hanno nella rete la propria origine e spiegazione.

Rossella Marchese