Dopo il fuoco le ceneri delle discussioni

E’ salito a 91 il numero di coloro che hanno perso la vita nello spropositato incendio che ha bruciato l’Attica la scorsa settimana e anche le due gemelline, Sophia e Vassiliki Philipopoulos, che si credevano disperse, purtroppo, rientrano nel triste elenco; mentre il numero dei dispersi rimane 25.

A 8 giorni dal disastro i vigili del fuoco hanno dichiarato che la maggior parte delle vittime ha trovato la morte tra le fiamme, ma molti sono quelli annegati, nel tentativo disperato di fuggire ai roghi, o soffocati, nonostante fossero in acqua, a causa del denso fumo che infestava l’aria, scendendo inesorabile verso il mare dalle scogliere in fiamme. Un rapporto agghiacciante.

Ora è ufficialmente iniziato il teatro delle polemiche: soccorsi in ritardo, una protezione civile più che inadeguata, scarsità di mezzi, inesistenza di un piano di evacuazione in caso di eventi eccezionali e, su tutte troneggia, immancabile in questo periodo storico, l’attacco all’Unione Europea.

L’UE, dal canto suo, aveva risposto subito alla richiesta di aiuto greca coordinando i circa 60 pompieri con equipaggiamenti partiti da Cipro, i Canadair provenienti da Italia, Spagna e Romania, nonché il materiale ed il personale proveniente dalla Bulgaria. Inoltre, non bisogna dimenticare che l’Europa sta coordinando la più vasta operazione condotta dal meccanismo di protezione civile europea, in Svezia, dove stanno bruciando migliaia di ettari di foresta, anche oltre il circolo polare artico, a causa di una eccezionale siccità.

Così come eccezionale era anche il vento, che batteva la periferia di Atene nell’arida estate greca, con raffiche che hanno raggiunto i 120 km/h, rendendo praticamente imprevedibili ed indomabili i roghi. Senza contare, naturalmente, il dolo paventatosi dietro un evento di tali proporzioni e che in Grecia sembra avere una certa sistematicità (anche nel passato), giacché fonti del governo citate dall’autorevole testata nazionale Ekathimerini news, parlano di una pratica utilizzata per liberare spazio per nuove costruzioni.

Insomma, esistono una serie di concause, tra cui è plausibile considerare che la contrazione della spesa pubblica e dell’economia abbiano banco; eppure demonizzare l’Unione Europea (polemizzando più dall’Italia che dalla Grecia in realtà), non sembra avere molto senso, considerando che, nonostante le istituzioni si accordino con le autorità greche nel contesto del programma di stabilità, la distribuzione delle risorse del budget nazionale, incluso il finanziamento ai servizi di emergenza, rimane responsabilità delle autorità dello Stato Membro, che, però, è stato messo in ginocchio da una crisi finanziaria in cui ha rischiato la bancarotta.

Impossibile attribuire le colpe, non rimane che imparare a gestire gli eventi eccezionali utilizzando tutte le risorse a disposizione (seppur poche), il che include pure il meccanismo europeo di protezione civile, al di là delle sterili polemiche.

Rossella Marchese