UNISIN: 25 novembre una data simbolo per le Donne

Si tratta di una data simbolo quella del 25 novembre in cui si ricorda la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le Donne, istituita il 17 dicembre 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione numero 54/134.

Tante le voci, tante le parole, tante le iniziative in tutto il mondo che purtroppo quest’anno, l’anno del Covid-19, non potranno essere vissute in presenza a causa delle restrizioni per il contenimento della pandemia. Nonostante ciò le mille e mille voci delle donne si levano alte con ogni mezzo per ricordare che il fenomeno, purtroppo, non solo non è scomparso o quanto meno non si è affievolito, ma è diventato ancor più forte a causa del confinamento che ha costretto spesso ad una convivenza forzatamente ristretta tra le mura domestiche vittime e carnefici. Proprio quelle mura che troppe volte anziché essere a protezione delle donne sono i luoghi in cui vengono perpetrati i più efferati crimini contro di esse.

Parliamo di questo tema con Emilio Contrasto Segretario Generale di UNITA’ SINDACALE FALCRI-SILCEA-SINFUB.

Ancora una volta i dati ci ricordano che la violenza contro le donne e la violenza di genere non si fermano….

Dobbiamo, purtroppo, registrare ancora che il fenomeno non si arresta nonostante la legislazione e le normative siano diventate via via sempre più attente, vi siano state tante campagne, protocolli d’intesa, buone prassi messe in campo, siano presenti case famiglia e centri territoriali antiviolenza che soffrono, però, di scarsi fondi. Ne sono una triste conferma i dati ufficiali rassegnati dall’Istituto nazionale di statistica e dal Ministero dell’Interno. Prendiamo ad esempio i dati Istat relativi al numero delle chiamate sia telefoniche sia via chat nel periodo compreso tra marzo e giugno 2020 al numero 1522 il numero anti violenza e stalking, servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità. Ebbene il dato è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+119,6%), passando da 6.956 a 15.280.

Durante il lockdown sono state 5.031 le telefonate valide al 1522, il 73% in più sullo stesso periodo del 2019. Anche il numero delle vittime che hanno chiesto aiuto è aumentato, ben 2.013 (+59%). L’incremento di questo dato, però, come segnala l’Istituto di statistica “non è attribuibile necessariamente a maggiore violenza ma alle campagne di sensibilizzazione che hanno fatto sentire le donne meno sole”.

Numeri da far riflettere…

Certamente, specie se teniamo presente che si riferiscono a soli quattro mesi. Bisognerà attendere i dati complessivi per poter avere un’idea della reale entità del problema in questo doloroso 2020.

Anche i dati dei femminicidi sono purtroppo elevati…

Sì, purtroppo dobbiamo continuare a registrare un numero elevato di omicidi in ambito familiare-affettivo, perché di questo si tratta.

Il primo periodo di confinamento totale non ha rallentato la corsa…

No, anzi, secondo i dati del Ministero dell’Interno presenti nel dossier presentato negli scorsi mesi, emerge che mentre il periodo del “lockdown ha influito positivamente sul numero totale degli omicidi” lo stesso risultato “non si è avuto in relazione agli omicidi con vittime di sesso femminile, i cui valori oscillano in maniera indipendente dal periodo di confinamento”. Sempre il report segnala che mentre nel 2019 le donne vittime costituivano il 35% degli omicidi totali, nel 2020 l’incidenza delle stesse si è attestato al 45%.  Emerge, inoltre, che, purtroppo, è all’interno della famiglia e tra i rapporti affettivi, ancora una volta, che la violenza esplode. E’ nella famiglia, che dovrebbe essere un luogo sicuro e di amore ed affetto, che si consuma la tragedia che vede in gran parte come vittime le donne con un’incidenza pari al 77%, e stiamo parlando di dati ancora parziali per l’anno in corso, contro un 62% del 2019.

La violenza non è solo quella che si sviluppa in ambito familiare-affettivo, anche nei luoghi di lavoro la violenza contro le donne e la violenza di genere possono trovare casa…

Sì, non dovrebbe essere così ma è indubbio che anche i luoghi di lavoro possono diventare luoghi in cui sono perpetrate violenze che non si concretizzano necessariamente con atti violenti anche estremi ma che con tutta una serie di comportamenti deviati rendono difficile o a volte impossibile la vita della “vittima” prescelta. E’ necessario un cambiamento culturale importante che faccia comprendere a tutti, e in particolare necessariamente agli uomini, il rispetto dell’altra persona, delle sue scelte e delle sue decisioni affettive. Spesso, infatti, la violenza scaturisce da un rifiuto o da una presa di consapevolezza relativa ad un comportamento non più sostenibile o tollerabile perché lesivo della propria individualità. La legislazione nazionale e le norme previste anche dalla contrattazione collettiva e aziendale prevedono una serie di tutele per le vittime di violenza di genere che qui sarebbe troppo complesso ricordare.

Ha parlato di contrattazione collettiva e di secondo livello, da questo punto di vista il settore bancario ha una marcia in più?

La contrattazione collettiva e quella aziendale del comparto bancario sono sempre state molto attente al tema della violenza di genere. Già da molti anni il settore è all’avanguardia anche con documenti condivisi con la parte datoriale quale, ad esempio, la “Dichiarazione congiunta in materia di molestie e violenze di genere sui luoghi di lavoro”, sottoscritta da ABI e OO.SS. il 12 febbraio 2019. Strumenti tutti che consentono alle vittime di poter denunciare le situazioni non conformi a normali relazioni lavorative.

UNISIN/Confsal è da sempre impegnata su questo tragico fenomeno…

La nostra Organizzazione Sindacale ha sempre avuto ed ha grande attenzione al tema e svolge un forte lavoro di sensibilizzazione in tutte le sedi affinché comportamenti “deviati” non si verifichino in particolare in ambito lavorativo. E’ importante che le vittime, anche grazie alle tutele messe in campo con la contrattazione collettiva e di secondo livello e con gli accordi siglati con ABI, si sentano libere di denunciare senza alcun timore gli episodi di violenza o di molestie al lavoro in modo che possano essere messi in campo tutti gli strumenti volti a tutelarle e a rimuovere atteggiamenti o comportamenti non conformi o non corretti.

Bianca Desideri