L’addio laico allo scienziato Umberto Veronesi

Sarà un addio non religioso, quello che Milano tributerà a Umberto Veronesi per rendere omaggio alla sua “figura di vero laico”, come ha detto il sindaco Giuseppe Sala. Si terrà venerdì alle 11 in Sala Alessi, a Palazzo Marino, la cerimonia laica per salutare l’oncologo ed ex ministro, che si è spento martedì sera, all’età di 90 anni, nella sua casa di via Palestro, circondato dall’affetto dei familiari, della moglie Susanna Razon e dei sette figli.  Sempre in Comune sarà allestita la camera ardente per consentire a tutti i milanesi di dare l’ultimo saluto al medico di fama mondiale: lo riferisce Alberto Veronesi, figlio di Umberto, uscendo dalla casa del padre. “La camera ardente sarà aperta domani (oggi ndr), dalle 11 alle 22.30, nella sala Alessi – spiega – per poi riaprire ancora una volta venerdì alle 8.30, ricordando anche “l’umanità straordinaria” dello scienziato: “E’ la cosa più grande che ha lasciato a tutti noi”. Mentre Giulia Veronesi, figlia dell’oncologo, ha parlato delle ultime ore del padre: “Si è spento fra le nostre braccia. Mio padre mi ha insegnato ad avere fiducia nel futuro, in noi stessi e mi ha insegnato questo suo grande messaggio di progresso. Mi ha insegnato soprattutto a guardare agli ultimi, a curarsi degli altri. Questo grande amore per l’umanità, per chi sta peggio. Ed ancora ha rivelato: “Abbiamo ricevuto messaggi di vicinanza da tutto il mondo” dagli esponenti della comunità scientifica “soprattutto dagli Stati Uniti”. Anche il premier Renzi ha mostrato la sua vicinanza alla famiglia. “Alcuni dei miei fratelli lo hanno sentito al telefono, ha aggiunto la donna. Abbiamo ricevuto centinaia di messaggi”. E continua “ci ha lasciato un grande vuoto e siamo tutti disperati per la sua partenza, d’altra parte era una cosa che ci aspettavamo, è qualche mese che non stava bene e in qualche modo è quello che lui voleva: morire nella sua casa con tutti i suoi cari intorno e così è stato”.

“Il male è il male, in ogni sua espressione”, diceva spesso Umberto Veronesi, e ancora “ho passato la mia vita a combatterlo, specie dopo averlo vissuto personalmente in guerra. Le atrocità incomprensibili che ho visto mi hanno fatto decidere di fare il medico per specializzarmi in psichiatria, perché volevo capire dove si annidava nella mente umana tanta capacità di male gratuito, per contribuire a estirparlo. Ma frequentando i reparti di medicina scoprii un male ancora maggiore, che era il cancro, e decisi di battermi contro di esso”.

Nel dopoguerra Veronesi decise di entrare nell’Istituto dei Tumori di Milano. “Mi colpirono non solo il dolore, ha raccontato tempo fa, ma anche la rassegnazione e il fatalismo che regnavano fra i malati e anche fra i medici. Questa malattia, aveva concluso, era una maledizione di cui non si vedeva la soluzione. Da allora la mia vita è stata dedicata a questa lotta, nessuna domenica e nessun sabato esclusi. Ho scritto 12 trattati, ho fatto 800 pubblicazioni, ho 14 lauree Honoris causa. Un impegno senza requie, non volevo rassegnarmi”.

 

Nicola Massaro