MUTATIS MUTANDIS

Johann Sebastian Bach

A pagina 809 della fondamentale monografia che Piero Buscaroli (Imola 1930, Bologna 2016) ha dedicato alla figura di Johann Sebastian Bach (Bach, Mondadori, 1985-1998) si trova questo sapido passaggio;

“Chi abbia fatto parte di un Consiglio Comunale (Bologna 1960 non è molto diversa, a questo riguardo, da Lipsia 1830) riconosce con pena identiche atmosfere. Certa animosità sciatta e stizzosa, rancori di nullità vanitose alle prese con cose più grandi di loro, e che tuttavia è di loro “competenza” trattare. Un’antipatia mal motivata ma ormai virulenta, che si ridesta e poi cresce in un coro sconnesso di voci diverse, di cui ciascuna aggiunge una informazione, per lo più imprecisa; una diceria, per lo più falsa; un commento, per lo più insensato, ma che nell’insieme fanno massa e diventano “opinione”.

Il passo si riferisce al contrasto che scoppiò nel 1730 tra il genio musicale tedesco, forse il maggiore di ogni epoca, e il Consiglio Comunale di Lipsia, suo “datore di lavoro” dal 1723 al 1750, anno della morte. Bach come Cantor al soldo del Comune aveva obblighi di insegnamento e compositivi per le domeniche e le festività religiose da cui cercò di liberarsi, dopo pochi anni, per poter continuare il proprio percorso di ricerca musicale senza essere ingabbiato nei rigidi schemi della musica sacra luterana, che peraltro aveva già provveduto a rivoluzionare con i suoi capolavori.

La contrapposizione fu dunque tra il genio di Bach e la bassa grettezza di piccoli borghesi (i consiglieri comunali), che poco capivano di musica e, comunque, non potevano afferrare la portata storica del musicista che avevano alle dipendenze, ma avevano dalla loro il potere di obbligarlo al rispetto delle clausole contrattuali, forti e orgogliosamente convinti del loro “mandato”, al punto che uno di loro arrivò a rammaricarsi per aver assunto “un genio della musica, non un semplice Cantor “ (cioè un insegnante).

Ora, mutatis mutandis, provate a rileggere la ficcante descrizione di Buscaroli sulle riunioni di Consiglio (qualsiasi esso sia) e paragonatela alla situazione politica venutasi a creare a scavalco d’anno in Italia con la tragicomica crisi di governo. Considerate, ovviamente, che il “coro sconnesso di voci diverse” vada inteso come non solo la caciara dei protagonisti diretti della politica, ma anche del contorno spesso servile, qualche volta indecoroso, raramente obiettivo di quello che comunemente viene definito il circo mediatico.

Tenete presente tutte le false informazioni, l’orrida bolgia dei propalatori di baggianate sul web, il continuo incensamento del potente pro tempore da parte di certa stampa amica, l’altrettanto costante e rapidissimo riposizionamento sul nuovo potente di turno, incensato “a prescindere”, come direbbe Totò, senza che ancora abbia mosso un dito. Considerate anche l’atteggiamento di certa magistratura dedita a tutto, ma proprio tutto, tranne che a garantire la propria indipendenza e a rassicurare i cittadini sulla doverosa terzietà nell’amministrazione della giustizia.

Il guaio, però, è che non si tratta di nulla di nuovo. E’ lo stesso stanco teatrino che si ripete periodicamente, in genere con gli stessi protagonisti, da anni.

Intendiamoci, io non sono uno di quelli che parla qualunquisticamente male dei “politici”. Ma non posso nascondermi la degenerazione e il peggioramento costante nel livello dei protagonisti di questo mondo rispetto a quelli di pochi decenni fa. E se è pur vero, come ricordava il socialista Rino Formica (citando forse Henry Kissinger), che “la politica è sangue e merda”, è altrettanto vero che da queste poco esaltanti materie in passato qualcuno è riuscito a disegnare scenari di grande progresso e miglioramento per tutti.  Tornando a Lipsia, 1730, resta solo da notare, con profondo rammarico, che allora a contendere perlomeno un genio c’era, ora solo tante “nullità alle prese con cose più grandi di loro”.

Mario Caspani