Caleidoscopio di arti al Museo di Capodimonte

 

Residenza reale di ben tre dinastie, circondato da un ampio bosco di centotrentaquattro ettari per il patrimonio storico, architettonico e botanico già nominato, nel 2014, il più bel parco d’Italia, ed edificio meravigliosamente onusto di capolavori a firma di Tiziano, Michelangelo Buonarroti, Raffaello, Caravaggio, Masaccio, Mantegna, Rosso Fiorentino, Correggio, Parmigianino, Lotto, Goya, El Greco, Luca Giordano, Artemisia Gentileschi, van Dick, Warhol, Gemito e tanti altri ancora, il magnifico Museo di Capodimonte ospita dal 7 aprile scorso, e fino al 10 luglio prossimo, opere di Pablo Picasso, a cento anni dal soggiorno partenopeo del celebre artista spagnolo.

Ad arricchirne l’offerta artistica, con fantasia e congruità, l’iniziativa “Napoli Street Parade”, organizzata dall’associazione MusiCapodimonte, presieduta da Aurora Giglio.

Didatta, cantante di concreta formazione (ha svolto studi musicologici e musicali) e di generoso impegno culturale (è creatrice di eventi e tutela, con la sua attività artistica, l’antica preziosa modalità della “posteggia”), Aurora Giglio sullo spunto della principale opera di Picasso in esposizione (Parade, mastodontica tela, dipinta a tempera, di ben dieci metri per diciassette), ha adunato giocolieri, danzatori, attori, musicisti e più in un fantasmagorico spettacolo che ha introdotto in perfetta atmosfera i visitatori accorsi all’inaugurazione. A tutt’oggi, cantanti e strumentisti intrattengono ed allietano il pubblico in fila alla biglietteria, attori con simpatici monologhi illustrano i motivi ispiratori e l’opera principale in esposizione del maestro di “Guernica”, o girano in costumi d’epoca per il museo a rendere ancor più viva la suggestione storica della ampie sale e dei magnifici capolavori ivi allogati. Un pianoforte suona musica classica in informale libertà, ossia senza un programma predefinito, saturando l’aria di malie foniche.

Congruità, si diceva prima circa le virtù di questa iniziativa, le varie esibizioni, infatti, trovano la loro più idonea collocazione, senza interferire con l’ambiente, anzi, impreziosendolo, ed il museo diviene, allora, organismo vivace e vivente, generatore di stimoli diversi e convergenti che si irrobustiscono reciprocamente.

Così, mentre un’imperante consuetudine generale tende, sempre più, a sminuire anche i più straordinari valori culturali di Napoli, inclinando a scontato folclore, trita oleografia ed esaltazione populistica della napoletanità più plebea, la sensibile misura di Aurora Giglio, e, certo, l’illuminata attenzione culturale di chi glielo consente, carezzano la musica classica come momento di fruizione estetica assoluta o come toccante integrazione all’incantesimo visivo, rendono piena giustizia alla canzone classica napoletana, a quei musicisti, i “posteggiatori”, a cui la città deve tanto della divulgazione mondiale della sua musica e del suo idioma, e tra i quali, non va dimenticato, furono pure il tenore Enrico Caruso ed il compositore Eduardo Di Capua, all’attore come migliore comunicatore verbale di cultura, persino al lazzo, al frizzo ed alla prodezza circense, perché intesi come cornice da gustare ed interpretare antropologicamente, e non come sfogo di cui miseramente necessitare, insomma intendendo la napoletanità come civiltà e non come coacervo di bizzarrie da dileggiare appena fuori dalle mura della città.

E Napoli, almeno nell’elegante spazio del Real Bosco di Capodimonte, torna, profondamente, “’o paese d’’o sole”.

Rosario Ruggiero