Imbarbarimento del linguaggio pubblico e del pensiero politico

Guerriero Vikingo

Se 600 docenti universitari lanciano un appello al ministero dell’Istruzione e ai licei, perché riscontrano gravi lacune nell’uso della lingua italiana nei laureandi, scoppia un caso e si diffonde l’allarme.
Eppure lo sanno da molto tempo, gli insegnanti: le regole grammaticali sono in gran parte ignorate, nella stesura di un testo scritto al soggetto non seguono i logici verbi e complementi, per non parlare della punteggiatura messa a casaccio, della confusione tra accenti e apostrofi, tra congiuntivo e condizionale : nell’insieme il risultato è sciatto, scoordinato e poco comprensibile.
Nulla di sorprendente, in un sistema scolastico che, in pratica, ha rinunciato a qualsiasi selezione nella scuola primaria e secondaria di primo livello, e in cui al noioso studio della grammatica sono preferiti i tabelloni, i commenti al testo, le ricerche scopiazzate da Internet. E se ormai l’unica selezione si fa all’università, è lì che le magagne vengono fuori.

Poi, il problema pratico si risolverà pagando qualcuno che scriverà la tesi al posto del laureando, ma quest’ultimo rimarrà incapace di esprimersi nella propria lingua: quindi, di fatto, semianalfabeta.
Questo semianalfabetismo di ritorno produce una serie di effetti a catena: perché si formerà, in poco tempo, un nutrito numero di cittadini che si esprime male e non comprende appieno, se non chi si esprime, a sua volta, con termini e modalità espressive elementari.

Quindi i media, per conquistare audience, abbasseranno sempre più il livello dell’offerta culturale e d’intrattenimento; il web sarà invaso da chi ad arte saprà usare un linguaggio basico e irriflessivo, che a sua volta si amplificherà e diffonderà mostruosamente grazie ai social; e infine la politica sarà il regno dell’incompetenza e dell’approssimazione.

Chi mai potrà imporre criteri di selezione e preparazione delle classi dirigenti, a chi è cresciuto nell’illusione che parlare e scrivere sia semplice ed alla portata di chiunque?  In una parola, scrivere male porta a pensare male.

Imparare, con fatica iniziale, e poi con crescente soddisfazione, a scomporre e ricomporre la frase nei suoi elementi costitutivi – la vecchia, cara analisi logica e del periodo- significa imparare a pensare ordinatamente, a capire le concatenazioni logiche dei concetti e la stretta connessione tra ordine espressivo, logico, mentale.
Insegna a pensare bene, prima di parlare o scrivere: e Dio solo sa quanto bisogno ce ne sarebbe.

Oggi si parla tanto del titolo offensivo e volgare di un giornale nazionale nei confronti di una donna, ma è solo l’ultimo di una lunghissima serie: abbiamo lasciato che il linguaggio, anche sulla carta stampata, oltre che nei comizi e sul web, si abbassasse sempre più, tra insulti, doppi sensi, semplificazioni estreme, e spesso chi oggi se ne lamenta è stato tra i più attivi artefici dell’imbarbarimento del linguaggio pubblico e del pensiero politico.

Tornare alle frasi complesse e articolate, alle riflessioni un pochino più profonde, al rispetto della lingua significa tornare in un certo senso al rispetto reciproco. A cominciare, perché no, dall’analisi grammaticale.

Emanuela Frosina