Elena Croce, l’attivismo e l’ambientalismo civile

 

Classe 1915, ma con una giovinezza di pensiero assai rara, Elena Croce detestò sempre la “stagnazione”, come la definiva lei, che solitamente caratterizza e allontana l’intellettuale dalle problematiche che lo circondano. Altra caratteristica di spicco della sua persona fu l’attenzione all’ambiente e la ricerca spasmodica di una dimensione di cura e tutela per il territorio. Questi i due concetti che  ci avvicinano ad una personalità come quella di Elena Croce.

A 102 anni dalla nascita ed a 23 anni dalla morte, il Comune di Napoli ha intitolato a costei, tra le più illustri sue cittadine, un belvedere in cima alle rampe di Sant’Antonio a Posillipo, il che acquisisce un significato di lotta civile perché Elena Croce apparteneva a quella Napoli civile che seppe interpretare la sua funzione di classe dirigente nel senso più nobile del termine, ascoltata e considerata in Italia ed in Europa, come fu per suo padre.

Il coraggio della critica di Elena Croce è citato nell’esempio di Salvatore Settis, archeologo e storico di fama internazionale e direttore della Scuola normale di Pisa, che nella sua introduzione alla ristampa da poco uscita di “La lunga guerra per l’ambiente”, scrive di lei: «contro le più diverse forme di immobilismo la ricetta di Elena Croce è una forte, decisa assunzione di responsabilità da parte non degli specialisti, della politica o della tutela, ma dei cittadini del movimento formato dai difensori dell’ambiente. Tutto questo avverrà per un transfert, sostenne la Croce, che dal sentimento di proprietà segnerà quello per la sopravvivenza di condizioni di vita umana per la comunità». Quello stesso transfert spinse Elena Croce all’attivismo: fondatrice di Italia Nostra, cofondatrice dell’Istituto Italiano per gli Studi filosofici, assieme all’altro illustre partenopeo da poco scomparso, Gerardo Marotta, nonché ispiratrice del Fai, a partire proprio dall’idea che la sua casa di via Crispi, parte di un tessuto che comprende beni culturali ed ambientali, potesse essere esclusa dalla tutela che prevedeva una difesa dello Stato puntiforme, a privilegio di sole sparute proprietà.

Dalla Elena ambientalista non era scissa la saggista, la ritrattista di tipi e personalità della società del suo tempo, definita dal suo editore Adelphi, una “memorialista controvoglia”; mai ferma sull’individualità e sempre pronta a cogliere l’intero, di una classe come di una società.

Nel ricordo di chi le è stato più vicino, familiari ed amici, anche l’ironia spiccata, a volte dissacrante; quando le chiesero chi votare alle elezioni politiche del marzo 1994 lei rispose: «Nilla Pizzi vi piace, vero? Lei canta L’Edera. E allora votate per lei».

Rossella Marchese