Donne e pari opportunità di lavoro: un cammino difficile

Anche quest’anno a causa della pandemia passeremo un 8 marzo diverso dal solito. Approfittiamone e dedichiamo questa giornata a qualche riflessione sulla condizione della donna nel mondo del lavoro e non solo.

Il tasso di occupazione femminile  nel nostro Paese è inferiore al 50%, per gli uomini è prossimo al 70%. A livello di UE tali valori sono rispettivamente del 63% e del 73%.

Secondo Eurostat nel 2019 il 15,2% delle donne in Italia non ha lavorato per occuparsi dei figli o di parenti anziani: la percentuale più alta in Europa, dove il dato è del 9%.

Anche se lavorano le donne guadagnano meno degli uomini. Da un’analisi relativa al 2019 e ai primi sei mesi del 2020, in Italia un under 30 nei primi anni di lavoro guadagna in media 25.216 euro se non laureato e 29.780 euro se laureato, mentre una coetanea con lo stesso titolo di studio e la stessa esperienza percepisce rispettivamente 23.210 euro e 28.051 (fonte OMD Consulting).

Una disparità che dipende, quando non da vere e proprie discriminazioni, dal fatto che le donne sono più propense degli uomini ad accettare retribuzioni inferiori a fronte di vantaggi in termini di flessibilità e orari. Le donne che lavorano part time sono il 35,1% a fronte dell’8,7% degli uomini. Nei primi tre trimestri del 2019 il 43% delle lavoratrici aveva un lavoro a tempo determinato.

Nelle discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), che nei prossimi anni si stima attireranno un milione e mezzo di nuovi lavoratori, la presenza femminile, che nel biennio 2018-2019 a livello universitario ha rappresentato il 55% degli iscritti,è stata invece del 37%.

Le donne al vertice poi sono ancora una ristretta minoranza. In tutto il Paese le amministratrici delegate sono solo il 6,3% del totale (fonte Cerved 2020). E non va meglio nelle università: sono donne il 47% dei ricercatori a tempo indeterminato, il 38% dei professori associati, solamente il 23% degli ordinari. Una presenza inversamente proporzionale agli avanzamenti di carriera.

Si rendono quindi necessari interventi strutturali atti a riequilibrare la distribuzione delle responsabilità di cura domestica e familiare, a partire dall’annosa questione della carenza di asili nido (la quota dei bambini in carico al pubblico risulta essere appena il12,5%).  E’ necessario incidere anche a livello culturale laddove gli stereotipi di genere potrebbero limitare la libertà di scelta delle donne sin dall’età più piccola.

Nel nostro Paese il 51% della popolazione assegna ancora oggi alla donna il compito primario di occuparsi della casa e della famiglia, stereotipo interiorizzato ormai dalle donne stesse che lo condividono per il 53% contro il 44% degli uomini (fonte Eurobarometro 2019).

E’ chiara quindi la necessità dell’attuazione nel nostro Paese di politiche di genere che possano rappresentare strumento di parità ma anche di crescita e sviluppo per tutti. A partire dalla distribuzione dei fondi del Recovery Fund.  Speriamo non sia l’ennesima occasione persa.

Cristina Bartoloni