Il mondo delle erbe: l’acetosa

L’acetosa (Rumex Acetosa L.) appartiene alla famiglia delle Poligonacee. È una pianta commestibile, selvatica e coltivabile. Cresce un po’ ovunque, nei prati, nei pascoli, lungo i sentieri e ai margini dei fossi, dal mare fino ai 2300 metri di altitudine. Nelle stesse zone cresce l’acetosella (Oxalis Acetosella L.), chiamata anche agretta o trifoglio acetoso, che non è parente dell’acetosa, ma ha proprietà analoghe. La si riconosce dal fusto eretto, rossastro, alto fino ad un metro, cavo all’interno. Le foglie sono verde scuro nella parte superiore e chiare in quella inferiore, di forma ovale allungata. I fiori verdi o ros­sastri sono riuniti in pannocchie.

L’acetosella, alta da 5 a 15 cm, ha foglioline trifogliate a forma di cuore, e fiori a 5 petali di colore variabile dal bianco rosato all’azzurro. Sono veramente tanti i nomi popolari: erba brusca, pan e vin, sarinella, salsarella, erba mandolina, pampelucco, acetina, agra e dulci. L’acetosa si semina in primavera, in terreno concimato, meglio se acido e ricco di torba.

La raccolta delle foglie può iniziare due mesi dopo la semina. Le piante cresciute al sole sono più saporite di quelle cresciute all’ombra. Dell’acetosa si usa tutta la pianta, dell’acetosella le fo­glie e le radici. La raccolta delle foglie, dei gambi e fiori dell’acetosa si effettua tra maggio e giugno. Dell’acetosella in primavera ed in estate.

Si conserva essiccandola all’ombra, in sacchetti di carta o tela. La radice, tagliata a pezzi, si può essiccare o conservare in uno strato di sabbia. L’acetosella si conserva come l’acetosa, ma è meglio usarla fresca per­ché essiccata perde gran parte delle sue proprietà.

Le foglie e i gambi dell’acetosa servono per pulire metalli, argenteria, pentole di alluminio. Per togliere le macchie di inchiostro dai tessuti bianchi di cotone, strofinateli ben bene con foglie di acetosa, quindi insaponare e sciacquare.

La loro acqua di cottura, usata per lavare oggetti di vimini e bambù, ne ravviva il colore. Un tempo con l’acetosella si preparava il sale di acetosa, che veniva usato per togliere le macchie di inchiostro e di ruggine dai tessuti, per pulire il cuoio e disincrostare i radiatori di automobili. La tradizione contadina dice che si può capire se pioverà guardando lefoglie: se sono rialzate e ben distese, brutto tempo in arrivo; se sono ripiegate a ombrella, invece ci sarà il sole.

Sia l’acetosa che l’acetosella sono ricche di proprietà: aperitive, astringenti e depurative, di­gestive, dissetanti e decongestionanti, lenitive, lassative e rinfrescanti, toniche, diuretiche, febbrifughe. Calmano le infiammazioni della pelle, delle gengive e delle mucose della bocca; combattono la tosse catarrale, sono ricche di vitamina C e di ferro. Entrambe però sono sconsigliate a chi soffre di affezioni epatiche, intestinali, gastriche e renali. Come tutte le piante e le erbe si consiglia di rispettare sempre le dosi dei preparati e farne un uso moderato in cucina. Il polline dell’acetosa può dare allergia. In cucina l’acetosa non va cotta in pentole di rame.

Le foglie sono deliziose nelle insalate ma possono essere cotte e condite con olio, pepe, poco aceto o passate al burro. Sono eccellenti per minestroni, risotti, frittate, tortelli, ecc. L’acetosella aromatizza le insalate (sostituisce il succo di limone), zuppe, minestre e frittate. In passato è stata un ottimo toccasana da parte della popolazione contadina per combattere lo scorbuto, malattia che colpisce tutti gli individui con carenza di vitamina C. Cure depurative di primavera con l’acetosa. Preparare il decotto facendo bollire 30 grammi di radici, fresche o secche, in un litro d’acqua per 5 minuti e bevetene 4-6 tazze al gior­no per 20 giorni.

Consultando delle semplici ricette ci si rende conto dell’enorme possibilità che offre la natura con le sue erbe, anche le più comuni. Se per esempio si scopre che il prezzemolo è ricco di vitamina C, aggiungerlo alle pietanze non sarà più solo un’abitudine che accontenta il palato, ma anche una precisa scelta salutare.

E allora si può decidere di metterlo non solo nelle preparazioni abituali, ma anche più spesso nell’insalata o sulla pizza, come ad esempio si può aggiun­gere l’ortica a una focaccia o ai tortelli.

Qualche esperimento non sempre andrà bene, ma qualche altro certamente darà soddisfazione per aver “creato” qualcosa che verrà apprezzato.

Ciro Luciano

Confronti e Intese n. 290, gennaio-febbraio 2014 – Da “Il mondo delle erbe” allegato a “Confronti e Intese” n. 336 novembre-dicembre 2021